Stegal67 Blog

Monday, March 18, 2024

Vergate a Vergiate

Dal vocabolario della Treccani, la parola "vergare" può assumere diversi significati: 1. Fustigare con una verga 2. Redigere per scritto. Io faccio tutte e due le cose. Domenica 17 marzo mi reco a Verg(i)ate a prendere botte da orbi da un bosco quasi impenetrabile nel quale la maggior parte delle (poche) aree bianche sono già verdine, e quelle verdine lo sono vieppiù. Poi penso bene di scrivere una nuova puntata del blog, dal momento che altrove c'è gente che gioca nel campionato di basket, poi corre l'Ultrabericus e infine vince le gare di orienteering a distanza di poche ore.

Io no.

Io sabato concludo l'esperienza invernale 2024 di Milano nei Parchi, da non confondere con "Parchi di Milano sott'acqua" di cui abbiamo dato ampia dimostrazione al Trofeo Lombardia di domenica 10 marzo a Porto di Mare, e poi domenica vado a cimentarmi io stesso nel bosco hard del varesotto, concupito dal fatto che potrò rimettere mano per la prima volta al microfono. Dato che non ho né molto tempo né molte energie a disposizione, evito i percorsi più lunghi e mi accomodo in una tranquilla categoria Azzurro insieme ai miei quasi coetanei.

Il play-by-play della mia gara a Cimbro di Vergiate non farà riscrivere le classifiche dei premi giornalistici, ma io sto diventando vecchio e c'è il rischio che tra qualche settimana riguarderò la cartina dicendomi "ma io sono andato davvero a fare questa gara? e come ci sono andato da qua a là?". A questo, anche a questo, serve il blog.

Partenza - 1: già lungo il sentiero che porta in partenza ho capito che è il caso di avventurarsi fuori dai sentieri solo a tre precise condizioni: 1. si è capaci di volare sopra ai rovi ed alle ramaglie basse continue 2. si è dotati di armatura pesante 3. si vogliono espiare tutti i peccati. Forte di questa convinzione, mi perdo la scelta da fare tenendo la destra ed il prato e mi convinco che fare tutto il giro dei sentieri a sinistra sia meglio. E poi c'è anche il termine del recinto che fa da punto di riferimento per guardare in su e vedere come andare al punto. Solo che quando guardo in su vedo solo rami e rovi e rami di rovi. E al termine del recinto ci sarei arrivato anche dall'altra parte. Poiché sono lento e grasso, mi fermo in salita ad ogni canaletta chiedendomi dove sto sbagliando. Poi salgo qualche altro passo e vedo il punto. Un po' più di fiducia, suvvia!!! Rivedibile

1-2: Quello di prima era "bosco bianco"? Bene, da qui alla 2 non ce n'è proprio, e quindi stiamo freschi. Cerco di raggiungere la traccia a nord ovest del punto, ma forse la supero senza nemmeno accorgermene: va bene che sono lento e grasso e quindi vado piano in salita, ma dopo un po' capisco che la traccia è già alle mie spalle. Vedo la palude e sbarco con fiducia su un sentiero appena più accentuato. Il piano prevede di seguirlo fino al punto in cui devierò a destra per andare a sbattere contro il punto. Ma pecco di superbia e lo manco. Dopo aver vagato in zona per una manciata di secondi, giro sui tacchi, vedo la buca ed il punto è lì che mi aspetta. Rivedibile al quadrato.

2-3: se riesco a beccare la traccia che porta giù dalla collina, diventa pure un punto facile. Certo, dovrei essere capace di... ecco la traccia! Da lì in poi è tutto facile fino al punto. Fortuna sfacciata.

3-4: la prima idea è quella di girare in senso antiorario, ma non capisco bene la differenza tra il verde privato ed il verde 2. Meglio tornare indietro per evitare di incorrere nelle ire degli indigeni. Giro largo sui sentieri per arrivare al punto da sopra. Solo che la zona a nord dell'angolo del recinto è puro disbosco di lavori forestali. La traccia non la vedo, la bussola mi dice che anziché a "ore 1" sto andando a "ore 11". Poi la riguardo e mi conferma che sto procedendo a "ore 11". Quando la guardo per la terza volta e sto ancora andando nella stessa direzione, mi insulto da solo, giro di 90 gradi ed affronto il verdone. Era un punto facile, l'ho trasformato in una cosa penosa. Rivedibile al cubo e quasi esordientizio.

4-5: se avessi le gambe, girerei i tacchi verso sud in salita per riprendere i sentieri. Ma non ho né le gambe né il trolley. Quindi scendo, poi risalgo, poi risalgo ancora, il tutto rigorosamente su sentiero (l'ultimo pezzo di bosco prima della 5 era verdino chiaro solo ai tempi del meteorite che ha estinto i dinosauri, poi la vegetazione ha preso il potere). Pusillanime e impreciso.

5-6: se non ci fosse quell'orrido vallone da scendere e risalire, sarebbe da andare verso sud-ovest e fare un solo boccone di tutto il sentiero. Tutto facile, quando mai mi hanno fatto paura 4 curve di livello? Ecco: ieri! Vado quindi a riprendere il sentiero lasciato poco prima e lo percorro tutto fino al bordo del pratone, autoconvincendomi della scelta che mi permette ad un certo punto di guardare verso la 7. Ma dal sentiero vedo solo rovi, rami e rami rovosi. Lento, pusillanime e 4 curve di livello non dovevano farmi paura.

6-7: dopo tutta quella "corsa", bisogna pur rifiatare, camminando dal secondo sentiero al punto. Vergognoso a vedersi

7-8: sentiero verso sud, sentiero verso nord-est e traccia verso sud-est. Poi viene il momento di lasciare anche la traccia ed entrare nella giungla del delta del Mekong. Un minimo di ravanamento in zona punto, dove la traccia di sentiero è diventata un tondo che ci chiude su se stessa. Sono preciso come un neofita alle prese con la carta di Archeton, ma almeno mi sono lasciato dietro le spalle la salita ed i rovi

8-9: da fare solo in bussola, il punto non si vede da lontano per via delle ramaglie basse, ma non è sbagliabile. Vai che i punti corti in discesa sono il mio pane! (se non avessi in terrore di inciampare e spatassarmi la faccia sul terreno). Impaurito e perplesso.

9-10: giù dritto fino al punto, senza farmi ingolosire dal sentierino che mi devierebbe verso la 11. Tanto c'è la forza di gravità che mi aiuta a superare i rovi. Vai che la "forza-peso" mi aiuta! Vedi che mangiare schifezze non è sempre un male? Orgoglioso e supponente.

10-11: girare a sinistra di 90 gradi, seguire il muretto, arrivare alla fine del muretto, non trovare la lanterna. Ma come?!? Ah già... l'avvallamento è a 5 metri dal termine del muretto: leggere la descrizione punto talvolta aiuterebbe. Novizio

11-12-13-arrivo: bisogna solo evitare le aree retinate per evitare di incorrere nelle ire dei proprietari e correre a più non posso. Solo che io non ne posso più e maledico il tracciatore che non ha voluto mettere l'arrivo all'altezza della prima strada tra la 11 e la 12. Atletismo a zero e troppa fatica. All'ultimo punto vedo che mancano 140 metri di imbuto di arrivo e mi convinco a contare fino a 70 doppi passi prima di tirare le cuoia. Taglio il traguardo a 68 e va bene così.

In classifica sono settimo, con UN solo intermedio in quinta posizione (tratta 9-10, unica fatta decentemente) e per il resto tre ottavi tempi, tre noni tempi, sei decimi tempi e un undicesimo tempo. Le classifiche in orienteering sono davvero una roba strana. Come tutti quei tagli e lividi che stazioneranno sulle mie gambe per un bel po' di giorni.

 

Monday, February 05, 2024

Ritorno a MOOtham City

Sembra trascorso solo qualche giorno, quando narravo sul blog le vicende del MOO 2023, i miei problemi con il cellulare, lo scavalcamento avventuroso di cancelli e muri, i miei vani inseguimenti a Marco che è dalla prima edizione il mio compagno di squadra e di avventure. E poi tutte le varie amenità che avvengono durante ogni edizione del MOO e che lascio scritte ad imperitura memoria per non abbandonarle al silenzio.

Mi sembrano passati ancora meno giorni da quando alcune persone mi hanno detto di essersi preparate al MOO 2024 andando a rileggere le varie puntate del blog che di anno in anno ho dedicato ad questa bellissima avventura lunga un giorno (che poi ci sarà un perché se succede che uno dei partecipanti al Seminario IOF di Budapest, tenutosi in contemporanea al MOO 2024, mi scrive in diretta "tanta invidia!").

Sono passate poche ore da quando mi sono ritrovato piegato in due, a vomitare le budella ad un angolo di strada in viale Padova, sfinito dopo l’ultima volata per arrivare al traguardo del MOO entro le ore 16.30. Un altro MOO è passato, lasciandomi qui a contare i giorni che mi separano dalla prossima avventura. Perché il MOO 2024 è stato duro, lungo e faticoso, estenuante e sfidante… ma alzarsi dal letto il lunedì mattina per andare in ufficio è peggio che percorrere 24,6 km tra le sciccherie del centro ed il disagio delle periferie.

Nonostante ciò che ha pensato Marco nell'immediatezza del post MOO 2024, anche questa edizione lascia tante tracce nel disco fisso della memoria e tante impressioni (alcune le chiamerei proprio "impressionanti!") dietro a sé. Così sono qui per raccontarle, per il miei ricordi e forse chissà come ulteriore aiutino per coloro che nei prossimi anni vorranno cimentarsi per la prima volta in questo gioco bellissimo, trascinati all'avventura nota come MOO dal passa parola dei partecipanti delle edizioni precedenti.

Il mio MOO 2024 è partito nella notte tra venerdì e sabato, quando i sogni (gli incubi?) hanno preso il sopravvento: nel mio MOOnirico vedo una partenza da Clusone (ma perché proprio Clusone???), nella bergamasca, in un parco cittadino al bordo di un centro commerciale. Nel sogno capisco che per arrivare a Milano, dove è posto il traguardo, sarà necessario un abbondante uso di tratte di Trenord, ma poi vedo che Marco impazzisce e anziché comperare due semplici biglietti Clusone - Milano acquista alla macchinetta erogatrice cinque abbonamenti settimanali completi per tutta la rete lombarda, spendendo un capitale. Nel mio MOOnirico c'è una nuova categoria MOOnior dedicata alle squadre con un componente sotto i 12 anni. C'è la coppia favorita Dario Beltramba - Yannick Michiels. Ci sono le prime due cartine in una pietraia totale globale, poi due cartine di bosco, e infine si approda a Milano alla stazione di Certosa. Non posso fare a meno di pensare che, mentre sto scrivendo questo mio sogno (raccontato a Remo via whattsapp con tutti i particolari), oggi posso dire "a Certosa siamo arrivati davvero!":

Il MOO. Quello vero, non quello sognato. Domenica mattina. Per tutti quelli che avevano sperato in un percorso sgombro di quei "disagi e contraddizioni" che piacciono tanto a Remo, il ritrovo è già in pieno viale Padova. Rispetto alle prime edizioni, ci sono un sacco di squadre da fuori regione. Alcune solo veramente fortissime (ho detto Francesco Mariani? Ho detto De Nardis sisters?). Le mie condizioni fisiche e mentali sono oltre il rivedibile: da mesi a questa parte, l'unica corsa degna di questo nome (o poco degna, visto il risultato conseguito) è stata la "50 Lanterne" a Vimercate. So già che non riuscirò a tenere il passo di Marco, so che difficilmente riuscirò a correre per più di qualche decina di metri alla volta senza che mi venga uno stiramento, so che succederà qualcosa con il cellulare, o che perderemo nuovamente le mappe, è certo che mi verrà mal di testa...

Bello cominciare così, no?

La presentazione di Remo, sempre così appassionata e commovente ma LUNGHISSIMA (te pòssino!) conferma i miei peggiori incubi: il MOO 2024 sarà eterno, con punti random e piccole mappe sparse ovunque. Vedo lo sguardo di Marco appannarsi quando si accorge del mio pessimo stato di forma. La tattica la facciamo in un amen: come sempre decidiamo di concentrarci sulle mappe, chissenefrega dei punti random, per cercare di finire almeno 5 delle 7 mappe proposte; in base a quello che dice Remo, due mappe sembrano davvero oltre il Finis Africae.

Si parte. Prima mappa, come da attese: Parco Trotter. Per chi si fosse messo in visione ed all'ascolto in questo momento e commentasse che al Parco Trotter ci ho tracciato tre gare e dovrei conoscerlo a memoria, rispondo che un conto è sapere dove si trova l'angolo del tal recinto (/gara di orienteering mode) ed un conto è sapere la marca del lucchetto posizionato alla chiusa dello stagno asciutto (/MOO mode). MOO vince tre a zero e palla al centro.

All''uscita dal parco, per raggiungere la metropolitana rossa a Rovereto bisogna risolvere un bel gioco, associando le forme di 6 grate che coprono le finestre di alcuni appartamenti a pianterreno ai nomi di alcune piante.

Per il momento la selezione delle 60 squadre iscritte non c'è ancora stata: a Rovereto in banchina sembrano mancare solo le squadre della nazionale italiana che si sono già dileguate chissà dove e quelle dei veri eroi della domenica che affronteranno il percorso al passo. Il piano di "Quelli del 67" (Marco ed io) è di saltare tutti i punti random sparsi in giro e puntare dritto in San Babila per affrontare insieme la mappa sotterranea dei quattro piani della metropolitana rossa e blu e poi la mappa della zona tra San Babila e Duomo. 

ERA quello. 

Ma il nostro livello di coerenza è pari a quello dei mercanti citati nei racconti del Boccaccio. Non siamo nemmeno arrivati a Loreto che uno dei due dice all'altro: “E se scendessimo a Lima e corressimo verso via Vittor Pisani per fare almeno due dei punti random, intanto che siamo freschi e corriamo?" Ma la tattica che avevamo concordato??? Eeeehhh… adesso stiamo a guardare il capello, la coerenza… Detto e fatto. Giù di corsa dalla metropolitana a Lima. Grande scelta tattica! E nemmeno il tempo di congratularci tra noi per l'arguzia che siamo di nuovo nel gruppone delle tante squadre che hanno fatto la nostra stessa scelta. Per il significato della frase “Colpo di genio di Stegal”, cercate sul Devoto-Oli alla voce "Illuso".

Però è vero che le gambe dopo 45 minuti girano ancora. Girano piano piano, ma girano. Occorre dosare le forze, anche a costo di risalire in metropolitana per due sole fermate da Porta Venezia a San Babila dove cominciamo ad andare dentro e fuori dai tornelli per rispondere a tutte le domande sparse nei locali della metropolitana ed in superficie. MEMORABILE la faccia del responsabile del negozio Unieuro sito al piano -1 della metropolitana: una delle domande prevede di indicare l'orario di apertura  del negozio nella giornata di sabato, e ad un certo momento questo tizio esce a vedere bene il cartello (il SUO cartello) per capire cosa può esserci scritto di tanto strano da attirare gente vestita in tutte le fogge come le mosche con il miele.

Il centro città è nostro. Nostro e delle migliaia di tifosi dell'Inter e della Juventus arrivati per la partita della sera. Migliaia di persone che vociano, sciamano, si muovono scompostamente, fanno partire cori, lazzi e simpatici mottetti (più qualche tricchetracca e schieramento di forze dell'ordine) all'indirizzo dei tifosi dell'altra squadra. Io, che sono abituato ai disordini di Milan-Stella Rossa (si, QUEL Milan - Stella Rossa!), non mi faccio problemi ma la calca su Corso Vittorio Emanuele quella sì che è un problema. Appena Marco vede un varco tra una persona adulta, una bambina ed una carrozzina scatta in avanti e guadagna metri. Io in quei varchi non ci passerei mai senza travolgere almeno due generazioni di persone, ed ogni volta devo rallentare e poi "rilanciare l’azione" (credici!).

A Duomo, domata la terza mappa di gara e l'indovinello da ascoltare dopo aver messo insieme alcune risposte della stessa mappa, è il momento di decidere dove andare. Prendiamo la linea gialla della metropolitana, direzione San Donato. Ci aspettano tutti i disagi e tutte le contraddizioni della mappa  che non a caso di chiama "CORVETTO ODIA", quadrilatero piazzale Corvetto - Piazza Gabrio Rosa - Piazza Angilberto - Piazzale Ferrara. Il nome della mappa dovrebbe già dire qualcosa...

Adesso a tratti sembra di essere comprimari nella serie televisiva Banlieue 13. Ogni tanto vorrei veder sbucare da dietro all'angolo Tao (molta Tao!), o almeno Leito e Damien per avere un senso di sicurezza. Mi accontenterei persino di un Luc Besson qualsiasi! Invece sono qui a correre dietro alle varie squadre dell'Orma, alle ragazze dell'Emilia-Toscagna, alla squadra esordiente di Piné che si chiede dove cavolo è capitata. Marco continua a guidare il duo, dentro e fuori i cortili, attraverso zone con macerie, tra odori speziatissimi, deiezioni canine e sniffate frequenti di pura marijuana.

All'uscita dalla mappa di Corvetto, ci attende una volata con il filobus 93 fino alla zona di Porta Vittoria. Con noi sull'autobus poche squadre ma parecchia “varia umanità”. Poche squadre ma buone, che si sorprendono che l'impiegato panzottello sia ancora lì con loro e cercano giustificazioni del tipo "ma noi abbiamo già fatto questo e quello". "Anche noi" rispondo. "Però noi siamo già andati ai punti random tali e quali...". "Anche noi" continuo a rispondere. Vedo gli sguardi di qualche contender che si fanno perplessi. So cosa stanno pensando: che stanno andando troppo piano, che hanno sbagliato qualcosa, che la strategia non è stata quella giusta, che non è possibile che il ciccione sia ancora lì insieme a loro dopo quasi tre ore di gara. Evidentemente non hanno mai letto il mio blog e le puntate precedenti…

Il Parco di Porta Vittoria ed il connesso Largo Marinai d'Italia sono cartine tutto sommato tranquille. Ma nascondono quella che a mio parere rimane la più insidiosa delle domande del MOO 2024: quella delle 59 lettere "A" in un cartello nel parco (con la cinquantanovesima scritta a caratteri piccolissimi nell'angolo in basso a destra).

Rapido giro, altro selfie su uno dei punti random (che adesso cominciano ad ingolosirci, altro che cambio tattica in corsa senza rifletterci troppo!) ed è arrivato il momento della SCELTONA. Porta Vittoria, treno suburbano della linea S6 ed andiamo verso la stazione di Certosa, attraversando Milano in sotterranea da est al profondo nord ovest. Ed eccoci dunque alla famosa stazione di Certosa! Dove non sono mai stato prima di ieri e dove mi aveva condotto il mio sogno. Di corsa alla pensilina del tram numero 1 e poi discesa verso Piazzale Accursio per una prima passata sulla carta "Arco e freccia" che costituisce una sfida anche solo per chi l'ha pensata: si tratta di una stessa carta di gara che orientata da nord-ovest a sud-est presenta punti di controllo nella direttrice Accursio-Piazza Firenze, mentre se orientata in direzione opposta di 180 gradi mostra i punti sulla direttrice dall'Arco della Pace a Piazza Firenze. Geniale! (d'altra parte... parliamo di Remo!!!)

Geniale ma durissima perché oltre ai punti sulla carta Arco e Freccia ci sono quelli sparsi tutto attorno alla mediana di Corso Sempione (riecco gli studi RAI!) all'interno di 5 parchetti di dimensioni variabili. Google Maps e le mappe alla pensilina del tram diventano preziose fonti di informazioni. Ma la traversata dal secondo parco (Portello) a quello delle Tre Torri avviene in piena quarta ora e mezzo di gara, e le gambe adesso ne hanno abbastanza. It's pain time!

Attorno a noi continuano a muoversi le squadre che non hanno ancora mollato l'osso: le ragazze emiliotoscane e le ex Scombussolate. I parchetti mietono vittime, perché ci sono chilometri a piedi da fare e le tossine nel cervello si moltiplicano. E poi c'è il capestro delle ore 16.30 che comincia ad avvicinarsi. Dallo scoccare delle 16.30 in poi, le penalità fioccheranno come svedesi nelle classifiche dell'Oringen. Una fontanella all'entrata dell'ultimo parchetto equivale ad una oasi nel deserto, il tram numero 1 sul quale riapprodiamo per raggiungere l'Arco della Pace sembra la Zattera della Medusa per le condizioni di alcuni partecipanti al MOO che vi salgono all'ultimissimo momento. 

Ultimi quesiti in zona Arco della Pace, con il cervello disintegrato dalla fatica: all'altezza della falegnameria Cobianchi vedo la risposta ad un punto ed invito Marco a ripartire verso il punto successivo. Un'altra squadra è in zona: uno dei componenti scatta una furtiva foto all'insegna che mostra chiaramente la soluzione al quesito ed intanto dice ad alta voce (ma guardando bene nella mia direzione) "il punto non è qui, andiamo nell'altra traversa!". Non sa che corro il MOO da prima che lui nascesse e che mi chiamano nelle scuole per insegnare 'sti trucchi!

Traversata del parco Sempione, corsa fino alla Stazione di Cadorna per il penultimo dei selfie random ed è il momento della seconda SCELTONA. Abbiamo due possibilità: prendere la linea verde ed andare alla Stazione di Porta Genova per acchiappare l'ultimo selfie random, poi girare i tacchi e tornare precipitosamente a nord di Milano con il concreto rischio di arrivare fuori tempo massimo, oppure prendere la linea rossa e riportarci con calma a Rovereto dove potremo affrontare con calma l'ultimo chilometro per arrivare al traguardo?

La scelta è chiara: si torna a Rovereto! Rinunciando così all’ultimo selfie random. Solo che, mentre timbriamo per l'ultima volta il biglietto ATM ai tornelli di Cadorna, Marco si volta e mi dice "te ne pentirai, questa era la scelta per vincere o perdere, ma se vuoi proprio tornare al traguardo...". Ok Marco: si va a Porta Genova! Linea verde, uscita a Porta Genova, ultimo selfie cercando di guadagnare pochi metri di percorso che potranno essere utili per fare la differenza tra arrivare in tempo o meno al traguardo. Giù di nuovo a cannone in metropolitana: la metro verde è in arrivo!

Adesso è solo questione di puntualità: calcoliamo due minuti a fermata (10 fermate) fino a Loreto, poi trasbordo sulla linea rossa, attesa e due fermate di M1 fino a Rovereto prima dei 1000 metri finali. Ce la facciamo? Non ce la possiamo fare. Mannaggia a Remo che è stato così lungo nelle sue spiegazioni pre-partenza…

Ma c'è una alternativa. Fregarsene della linea rossa, uscire dalla metropolitana a Loreto, attraversare il piazzale e tuffarsi direttamente in viale Padova. La strada da percorrere a piedi è più lunga, ma calcolando la velocità ce la possiamo fare... al pelo delle ore 16.30 ma ce la possiamo fare! O meglio: Marco ce la può fare, io no. Le mie gambe hanno reso l'anima al cielo.

Solo che all'improvviso compare all'orizzonte una terza alternativa imprevedibile, quella che cambia tutto il finale di gara: l'autobus numero 59! Se passa da piazzale Loreto, mi dico, e sul fronte ha scritto "Crescenzago", vuol dire che percorrerà almeno una parte di viale Padova. Il bus gira l'angolo del viale mentre io sono ancora all'angolo con viale Abruzzi, e so che il bus ha la fermata a pochi metri: ho un distacco di un centinaio di metri, ma il mio sprint adesso non ha nulla di meno rispetto al migliore Usain Bolt! Vedo le porte che si chiudono e mi butto letteralmente a pesce sul bus! Marco è a pochi metri da me, io vedo lui dal finestrino e lui vede me dal marciapiede e capisce che ho salvato il risultato proprio in zona Cesarini, e praticamente andiamo avanti di pari passo a vista l’uno dell’altro alla stessa velocità perché il bus sarebbe più veloce ma è costretto agli slalom dalle macchine in seconda e terza fila, dalla gente che attraversa la strada dove capita. Mi basta una fermata sul bus, ma è sufficiente per riprendere le forze che mi avevano abbandonato lungo i gradini per uscire dalla metropolitana, è abbastanza per ridare morale, per tornare a vedere Marco che corre solo pochi metri avanti  a me.

Superiamo altre squadre che stanno lottando contro l'orologio, correndo lungo viale Padova, e negli ultimi istanti prima che il vomito prenda il sopravvento mi passa davanti tutto il MOO: penso che mai nella vita ero salito sulla 59 e me la sono trovata davanti all’improvviso a cambiare un finale di MOO fatto di penalità, penso che non ho mai preso un treno della suburbana se non durante il MOO, penso al sogno di Certosa (ma perché non sogno i numeri vincenti del SuperEnalotto?), alla Banlieue 13 di Corvetto, alle altre squadre che mi hanno visto arrivare al traguardo subito dietro a Marco in condizioni pietose e penso: "può succedere solo al MOO".

Grazie Remo! E grazie anche a te Marco!

Postscriptum: tutti le ingiurie verbali e le interazioni fisiche tra i componenti della squadra “quelli del 67”, di cui ci sono varie testimonianze, sono state censurate per consentire la pubblicazione su un blog aperto anche ai minori 😊


Monday, January 22, 2024

Ricomincio da 50 (lanterne)

Che differenza c'è tra un file pdf ed uno txt ? Secondo la comune letteratura, i file TXT sono documenti di testo leggibili praticamente da qualunque sistema, mentre i file PDF hanno una formattazione più variabile e sono adatti per documenti che devono essere condivisi.

Fin qui la teoria. Poi c’è il sito FISO. E la pratica. Che dice che questo TXT...

... è una vera fake news mentre la realtà è questo file PDF!

Prima che al più grande oriblogger d'Italia si squagliasse la tastiera (ma forse ultimamente lo troviamo più avvinto alle pagine tipo "hanno inventato il basket perché una vita non basta"), affezionat* lettori e lettrici erano avvezz* a pagine memorabili tipo questa https://dopolavori.blogspot.com/2017/12/oricup-inferno.html dove potevamo leggere perle quali

"Non so se esistono ancora, dato che da un po' non ho la TV, ma quando ero piccolo c'erano i messaggi a reti unificate, per gli eventi ritenuti particolarmente importanti, che tutti gli italiani si supponeva dovessero seguire. Beh, se non esistono più i messaggi a reti unificate, ritengo che si debba almeno fare un messaggio a blog unificati, perché quello che è successo a Calò il 10 dicembre 2017, con Stegal che arriva secondo in M19-39, è davvero clamoroso".

Poi sono andato a guardare le classifiche, e vien fuori che

1) The Speaker è sì arrivato secondo, ma ha battuto 6 persone che non ho mai sentito nominare sui campi di orienteering, 2) esisteva una ulteriore categoria M19-34 NO COMPASS" dove correvano una decina di atleti che gli avrebbero dato più di un grattacapo 3) esisteva una ulteriore categoria M35+ dove correvano parecchi atleti che gli avrebbero dato più di un grattacapo 4) esisteva una ulteriore categoria M35+ NO COMPASS, dove correvano alcuni altri atleti che gli avrebbero dato più di un grattacapo

Dunque, godiamoci comunque le precipitazioni che un posto sul podio dell'alfiere della Unione Lombarda ha in ogni caso provocato, ma il messaggio a blog unificati, caro Stegal, non te lo sei ancora meritato

Pagine memorabili per una gara memorabile, quella 50 Lanterne del dicembre 2017.

Ieri il rito del Campionato Mondiale Totale Globale sulla distanza omologata delle 50 Lanterne si è ripetuto. La gara non si disputa più in dicembre (ultima del calendario) ma in gennaio (prima del calendario dell’anno dopo) e quest’anno la Besanese ha avuto pietà di noialtri ingozzati di panettoni, pandori, zamponi, cotechini, lenticchie, forme di gorgonzola e mascarpone e paté di fois gras.

La 50 Lanterne ha avuto una ambientazione urbana a Vimercate, nei pochissimi gradi di  temperatura di una domenica mattina di metà gennaio, ma la formula della gara è sempre quella che può riservare anche ai più scarsi come me quella soddisfazione in più se solo la morìa delle vacche portasse parte del gruppo di testa a dimenticare questa o quella lanterna posizionata strategicamente “fuori dal giro giusto”.

Il risultato finale avrebbe potuto indurmi a ripetere, con le dovute cautele del caso, un messaggio simile a quello che lasciai sul web 6 anni e 1 mese fa. Ma il mondo non è pronto per un nuovo "Clamoroso al Cibali!" per un quinto posto che comunque, suvvia!, posso considerare lusinghiero in M21. Tempo però che tutte ma proprio tutte o quasi le considerazioni fatte da Dario P. nel 2017 si ripeterebbero tali e quali.

La 50 Lanterne rimane tutta lì, come direbbe Al Pacino (no, lui direbbe "È il football, ragazzi, è tutto qui"): nella abilità, o nella fortuna, o nella voglia di non farsi portare fuori percorso e non lasciare quella maledetta cinquantesima lanterna fuori dal giro giusto. Che poi, per dirla proprio tutta, chiedo a chi mi legge: ma credete veramente che io stia a guardare le classifiche per poi bullarmi con i vari compagni di avventura che stavano in partenza con me ai 3 gradi di una domenica di metà gennaio per essere riuscito a non dimenticare alcun punto? Ah si? Lo credete? Urca… non sono riuscito a dissimulare bene!

Vabbé… in 100 minuti ed alla mia velocità sarebbe stato persino difficile dimenticare una lanterna, visto che mi sono preso i miei bei tempi morti per controllare e ricontrollare anche in controluce la mappa ed i due cartellini.

Riguardando la mia gara di ieri, penso che avrei potuto evitare di fare la 23 e 22 nel giro di andata; avrei potuto dalla 26 andare direttamente alla 18 e riprendere 22 e 23 mentre tornavo verso la 33, in quello che sarebbe stato un giro più lineare. Di più non potevo fare. Se volete sapere di come si viaggia forte in una 50 Lanterne, chiedete informazioni a Giacomo Zagonel e Chiara Magenes e non a me: io sono qui per l'onore degli impiegati panzottelli! Però mi sono divertito lo stesso.

Wednesday, December 27, 2023

SI scrive MOO, si legge "FANTASTICO”!

“Arriva in Italia il MOO. Il panino cinese tradizionale”. L’ho letto un (bel) po’ di tempo fa su qualche pannello pubblicitario in metropolitana. Ricordo di essere passato davanti al pannello e di aver scorto appena, con la vista laterale, la scritta. E’ passato qualche decimo di secondo e poi le sinapsi sono esplose come nemmeno Il Castello delle Cerimonie quando partono i fuochi d’artificio.

Sono tornato indietro, ho letto. Ho riletto. Tutto, fino alle lettere in piccolo ed al codice dell’istanza di autorizzazione. Se il pubblicitario che ha inventato quell’annuncio fosse stato nei pressi, avrebbe telefonato all’ufficio del personale della ditta, tutto compiaciuto. Molto più probabile che qualche commento sia scappato agli altri frequentatori della metropolitana perché: 1. Ero proprio in mezzo ad un passaggio 2. “pensa un po’ ‘sti cretini che restano a bocca aperta davanti alle pubblicità”.

In realtà non so nemmeno dove si trovino questi panini. So solo che almeno per me, ed è solo la mia modesta opinione (My Opinion Only, cioè MOO), ma forse anche per altri frequentatori del blog o delle strade di Milano o della cerchia di Remo Madella, “MOO” non sarà mai e poi mai solo un panino. Questione di opinioni, no? (Matter of Opinion, ed è sempre MOO).

MOO significa che il Madella Operation Office ha aperto ancora una volta i battenti. E che siamo invitati, ancora una volta, ad una avventura oltre i confini dello spazio, del tempo, delle contraddizioni di una città che agli occhi dei comuni passanti può sembrare priva di interruzioni, un corpo unico fatto di affari, di moda, di finanza, di apericene, di modernità e di vicinanza all’Europa. Ma è soprattutto grazie alle cosiddette “contraddizioni”, parole di cui Remo infarcisce la presentazione del MOO quando sale su un palchetto improvvisato in perfetto stile Speaker’s Corner ad Hyde Park, che tanti di noi hanno imparato che il tessuto della città è pieno di cicatrici, di punti nei quali la giunzione tra il quartiere delle archistar e quello della fashion week ha lasciato un buco colmato da pezzi di umanità a cavallo tra una pagina di Borges ed un fotogramma di Gotham City.

Il MOO non è mai una gara fine a se stessa, ma un nuovo cassetto di ricordi che si apre ogni volta che capita di passare in certi posti e di non ricordare altro che la mappa, le domande, la fatica, le parole con il compagno di squadra. Anche nel 2023 il MOO è stato tutto questo e molto di più.

Solo una raccomandazione, Remo: ok le “contraddizioni”, ma non troppe!

Il MOO 2023 va in scena il 19 febbraio. Ci si trova al Palazzo Arca di Milano che offre un tetto, un bar, servizi igienici. Lì convengono habitués del MOO, senatori e senatrici, esordienti totali, orientisti ed orientiste di livello nazionale ed oltre. Arrivano da Milano e zone limitrofe, da altre parti della Lombardia, dal Veneto, dal Trentino, dall’Emilia Romagna, dal Piemonte, dal Lazio!!! Siamo tutti richiamati al MOO dal pifferaio di Hamelin, e mentre si ascolta Remo che comincia a raccontare le particolarità della scelta di questa o quella zona per la gara capita di trovarsi a fianco a chi poi ad ottobre ai Piani di Praglia prenderà la medaglia di bronzo nella staffetta nazionale.

La squadra di cui faccio parte è sempre la stessa: il giovane, snello ed atletico Marco Giovannini ed il vecchio ciccione demente Stegal. Pronti a dimostrare che “Quelli del ‘67” sono in grado di performare al MOO meglio di come faranno durante l’anno nelle classiche gare di orienteering. Pronti a sfoderare acume tattico, sagacia, neuroni, conigli dal cappello e cappelli dai conigli quando ci si troverà a risolvere quesiti che anche quest’anno “Remo te possino!!!”. Marco è pronto, Marco è scattante, Marco è in grado di partire con gambe e cervello da zero a cento in meno del tempo che una notizia di cronaca resta in homepage. Stegal… meno. Stegal nello stesso tempo che impiega Marco per partire, acchiappare le mappe, orientarsi e fiondarsi verso il primo punto di controllo ha già “il fiatone e le pulsazioni a 180! Attorno a me vedo orientisti famosi che mi superano, vedo concorrenti (alcune famose, altri famosissimi, mancano solo quelli con la tuta della nazionale) in tenuta da corsa che mi superano, vedo altre persone in tenuta da domenica a spasso per vetrine... che mi superano! Vedo bambini e infanti e anche una famiglia con il passeggino… e mi superano tutti!!!”.

La prima mappa da domare è quella della zona di partenza. Una mappa che praticamente io manco vedo essendo impegnato a stare dietro a Marco che fila come un ossesso da un punto all’altro. Sono l’unico a sperare che i quesiti siano così complicati da costringere il mio compagno di squadra a fermarsi un po’ per trovare la soluzione, prima di ripartire?

Quando completiamo il primo giro (in centordicesima posizione, a giudicare da tutti coloro che attorno a me corrono in direzione di qualunque quartiere di Milano) sfoderiamo la mappa generale e decidiamo come affrontare il giro completo. Giro completo che per noi, da qualche anno, vuol dire sempre “facciamo tutte le mappe, che ci piacciono, e chissenefrega dei singoli punti sparsi qua e là a casaccio e sempre troppo lontano dalle percorrenze che faremo noi”. Non andrà così, nel 2023.

Io non so che tipo di supercomputer quantistico abbiano gli altri in testa, ma a noi il giro è venuto fuori così:

Prima tappa: quartiere Stadera. Fin qui è facile: basta riprendere la metropolitana verde a Romolo e sperare di beccare il treno per Abbiategrasso prima che ne passino due per Assago.

Come può vedere chiunque e suo cugggino, la mappa non è proprio quella che abbiamo in mano alla partenza di una gara di orienteering classica. Aiuta molto, nel mio caso specifico, capire che il terzo di cerchio in basso a destra è Piazza Agrippa, sapere già che il retinato magenta in basso è l’area di cantiere che sta proprio davanti a casa di Remo e che quindi l’uscita della fermata di Abbiategrasso è fuori mappa. Dopodiché bisogna capire quale foto corrisponde a quale cerchietto in mappa, SAPENDO che le foto non sono state scattate di recente! E quindi via di analisi dell’intonaco dei palazzi!!!

Infine, bisogna confrontarsi con il più diabolico, ipnotico, strampalato e immaginifico quesito dell’anno: bisogna trovare una vaga traccia di vernice viola che parte più o meno nei pressi di un qualsiasi civico numero 61 di una qualunque delle vie presenti in mappa, seguire per 350 metri la traccia lasciata probabilmente da un secchio di vernice bucato tenuto da un imbianchino sbadato e farsi un selfie dove finisce la traccia.

La ricerca della traccia, mentre corriamo insieme ai ragazzi dell’Orma per le vie del quartiere, è vana. Tuttavia, Marco ha una idea: possiamo cercare, su Google Maps, dove si trovano i civici 61 di tutte le vie della mappa? Magari cominciando dalle vie vicno a dove abita Remo? Detto, fatto. Via Isimbardi 61. Lì comincia la traccia, evanescente, da non confondere lungo la strada con scritte sul marciapiede, lavori in corso, deiezioni canine pestate e trascinate… plaudo al colpo di genio di Marco e, dove finisce la traccia? Davanti al portone del mio amministratore di condominio!!!

A questo punto si torna di corsa alla metro di Abbiategrasso (mai che passi un 15 quando ne hai bisogno!) per dirigersi verso una delle zone meno conosciute di Milano dallo Stegal me medesimo: Lancetti. Posto che non credo di aver mai visto prima (o dopo), e neppure ci tengo così tanto io che vengo dal bellissimo quartiere tutto rose, fiori e paillettes di Gratosoglio. La mappa di Farini è quella delle “contraddizioni” del 2023: pare sembra si mormora che si possa accedere ad alcuni punti del percorso solo percorrendo (senza dare nell’occhio, per carità!) la zona della stazione sotterranea del passante, accedere ad un’area dove ci sono delle porte tagliafuoco che non dovrebbero essere oltrepassate se non da personale debitamente autorizzato (noi del MOO non siamo autorizzati) e che siamo invitati a lasciare aperta per le squadre che arriveranno dopo di noi. Il tutto per accedere ad una specie “terra di nessuno”, una zona che al confronto la Schutzstreifen situata appena ad est del muro di Berlino (la “"striscia di sicurezza" per chi del muro di Berlino conosce solo il file “Il ponte delle spie” con Tom Hanks) appare come un giardino fiorito e dalla quale potremo uscire solo utilizzando una scala rudimentale posata lì da chissà quando e chissà chi e chissàselatroveremo. Richiamo l’attenzione sulla scritta in mappa secondo cui l’uscita su Via Valtellina è “ultima spiaggia ma il portiere si potrebbe inca**are”.

Quello che succede, nell’ordine in cui lo affrontiamo noi, è invece: 1. I primi che si inca**ano sono quelli delle forze dell’ordine schierati in stazione, che già hanno a che fare comunemente con balord* e affini e che gli sale subito la pressione quando vedono gente che corre in giro senza meta e senza cervello (chi sono? Cosa fanno? E soprattutto: da chi o cosa stanno scappando?). Marco, più veloce di me e dotato di faccia più bronzea, è sempre pronto a gestire l’eventuale fermo di polizia con un “non sto facendo niente di male, che volete da me?” (si, ok, ci sarebbe quella questioncella delle porte di sicurezza e dell’ingresso nella terra di nessuno, ma vallo a scovare l’articolo del codice). Io, che sono un tranquillo cittadino al di sopra di ogni sospetto e timorato delle leggi, cerco di fare finta di niente rallentando il passo e fischiettando, riuscendo così nell’intento di alzare ulteriormente il livello di allarme!

Ma mentre cerchiamo di aprire (“forzare” è la parola magica) le porte tagliafuoco, sul gruppo whattsapp arriva un messaggio che dice… non me lo ricordo più! Forse la scala per uscire è sparita, o una delle porte è stata sprangata, o hanno arrestato tutti quelli che sono passati prima di noi! In pratica, i punti non s’hanno da fare. E io tiro un sospiro di sollievo, perché il vedermi sulla scala a saltare già dal muro già mi faceva venire male a tutto: “Ed ora una notizia appena giunta in redazione: uno sconsiderato non più giovane e non più agile si sfracella cadendo da un muro in zona Farini, a Milano. Le forze dell’ordine indagano sui motivi del folle gesto. Tutti i particolari in cronaca”.

Si torna in stazione a Lancetti, dopo aver fatto i punti fuori stazione, sotto lo sguardo perplesso della varia umanità che frequenta le zone ferroviarie di Milano, ed è il momento di prendere un’altra volta una suburbana per arrivare in Piazzale Dateo. La mappa “Argonne-Dateo” sarebbe da percorrere due volte: una in superficie per rispondere ad alcuni quesiti (tra i quali uno diabolico e spaccacervello) ed una in sotterranea per l’ormai quasi-classico (e da me poco digeribile, per questioni di diottrie) quesito da risolvere in metropolitana. Decidiamo di rinunciare alla parte sotterranea per concentrarci sui quesiti in superficie, perché poi dopo ci sarà da mettere le gambe in spalla (ed io tremo).

Quando arriviamo davanti alla Basilica di non so quali santi, in fondo a Viale Argonne, è il momento di dirigersi verso la stazione di Lambrate. A piedi. Perché non ci sono autobus che fanno lo stesso percorso (o, se ci sono, hanno tempi di attesa paragonabili a quelli di Daredevil: Born Again) e perché c’è la possibilità di guadagnare qualche punto passando da Largo Murani per uno dei punti isolati. Ma non avevamo detto all’inizio che…? Lasciamo perdere. Da Viale Argonne alla Stazione di Lambrate sono 2,7 km. Con lo zainetto. Cercando di seguire il passo da arrembaggio di Marco. Mentre le pulsazioni vanno oltre due elevato alla ottava. E si mettono a posto le cartine. E occorre capire se abbiamo risposto a tutte le domande sulla maledetta app che Remo mette a disposizione dei partecipanti. E se abbiamo mandato tutti i selfie. E… SI SVAMPA LO SMARTPHONE.

Saranno stati i colpi subìti, le vibrazioni, sarà che l’ho stretto troppo. Lo smartphone si svampa. La reazione di Marco all’accadimento è composta e diplomatica

(Marco è quello in verde)

Come tutto l’orbe terracqueo sa, io padroneggio la tecnologia dei cellulari come Paolino Paperino sa di prodotti derivati complessi. Davanti a me ci sono due alternative: la prima è alzare bandiera bianca, e mi vedo già sulla prima metro che torna verso Romolo a prendere la macchina per tornare a casa anzitempo. Solo che è una alternativa non percorribile perché: 1-sub-a) Marco mi toglie definitivamente il saluto oppure 1-sub-b) Marco mi uccide. Passo quindi all’alternativa 2: comincio a spegnere e riaccendere, più volte, poi stacco la batteria, poi resetto, riassetto, resetto di nuovo, faccio off on spegn riaccend prego tutti i santi del Paradiso come faccio solo nei momenti difficili delle gare in bosco “Signore, aiutami a trovare questa che alle altre ci penso io e prometto che diventerò più buono”.

Il cellulare, grazie alle mie sapienti arti tecnologiche, riparte. Non chiedetemi di rifarlo, grazie.

Della prima mappa di Lambrate… non c’è supporto cartaceo. La mappa è infatti un video di youtube nel quale Remo percorre a piedi (e con un passo, sia ringraziato il Cielo, tranquillo!) un pezzo di quartiere adiacente a via Rombon. Ogni tanto, soprattutto all’inizio, ci sono dei salti quantici nei quali Remo nel video passa da un livello all’altro della stazione di Lambrate, ma in un modo o nell’altro (non posso specificare “l’altro” perché la Cassazione potrebbe ancora intervenire sulla classifica) possiamo cominciare il giro, e la velocità che teniamo coincide (DEVE coincidere) con quella del video e posso tirare il fiato. Alla fine del video si passa alla mappa sopra (e sotto) lo svincolo della tangenziale di Lambrate.

Ri-porto l’attenzione di chi legge sulla scritta in basso “Recinto (eventualmente) da scavalcare”. E questa volta il recinto c’è. E non c’è nessuna scala per aiutarmi!!! Marco scavalca il recinto con l’agilità di un gatto o di Armand Duplantis. Io no! Io per salire devo farmi aiutare da Marco (che tiene il recinto per evitare che balli sotto il mio peso e mi dice dove mettere i piedi) e quando sono dall’altra parte e devo scendere farei meglio a lasciarmi cadere di mia iniziativa anziché rischiare di precipitare di testa: “Ma ora una nuova notizia: ennesimo episodio di inciviltà a Gotham City, altrimenti detta Milano: un anziano sconsiderato precipita da un cancello nello Slum sotto i piloni della tangenziale Est di Milano. Le forze dell’ordine indagano sui motivi dell’accaduto. Non si esclude alcuna pista. Tutti i particolari in cronaca”.

Sarà la strizza, sarà quel particolare momento in cui mi è passata tutta la vita davanti, ma dall’uscita della mappa al ritorno alla stazione di Lambrate saranno trascorsi solo pochi istanti. Da Lambrate si riprende la metro verde per andare in Stazione Centrale, per una nuova divertentissima mappa multi-livello che metterà (e ci metterà) in difficoltà squadre ben più blasonate di noi

A questo punto manca solo la strada per tornare a Romolo, e ci arriveremmo comodamente con la metro verde. Ma c’è ancora tempo per raggranellare qualche punto. Metro gialla, sbarchiamo in Monte Napoleone e ci produciamo ancora una volta nella traversata trafelata (noi), puzzolente (sempre noi) e altoborghese (Loro) della via dello “shopping a carissimo prezzo” milanese. In San Babila qualche momento di incertezza per identificare dove cavolo siano le zucche di Louis Vuitton, un selfie e via sempre di corsa a prendere il tram numero 15 dove troviamo la squadra della famiglia Fellin, giunta direttamente dall’Altopiano di Piné. Qualche battuta, qualche commento, una finta a Porta Lodovica e poi giù tutti di corsa per correre con il fiato rimasto (a me, poco) via Sarfatti ed il Parco Ravizza, per un ultimissimo selfie.

Poi è davvero ora di riprendere la strada dell’arrivo. Alla fermata del filobus numero 91 di Viale Toscana ci sono alcune tra le squadre più forti, e molti sono meravigliati che io (non Marco, ma io!!!) sia ancora in gara con tutte le mappe messe in saccoccia. Chiaro che non potrò competere per lo sprint finale una volta arrivati a Romolo, ed il Palazzo Arca non mi è mai sembrato così lontano da Piazza Ascari (dove scendiamo dalla 91) come questa volta.

Ma anche questa volta ce l’abbiamo fatta. E mentre su Milano calano le prime ombre della sera e qualche energia ritorna in circolo ed è il momento di salutare tutti, il pensiero va alle stesse due cose che tornano ogni volta che finisco un MOO: cosa potrò scrivere questa volta, per descrivere un nuovo capolavoro di Remo? E, soprattutto: a quando il prossimo MOO?

Wednesday, December 20, 2023

“Se sarò ancora in piedi…” – ultima parte: dall’Arge Alp ad un nuovo inizio

Cronache di una stagione che finisce negli stadi del ghiaccio

Uscito dagli EOC, le energie rimaste sono subito convogliate nelle gare dell’Arge Alp. Si torna a casa, a Folgaria e Lavarone. L’atmosfera è bellissima, i ricordi dell’esperienza agli Europei è vivida. In tanti mi chiedono come mi sono trovato in televisione, mi dicono che hanno sentito il commento, che hanno apprezzato, che ho reso un ottimo servizio all’orienteering.

La gara del sabato è nel bosco di Costa, che ormai penso di conoscere bene ma nell’orienteering ci sono sempre mille insidie. Infatti sabato mattina ho un mal di testa da scoppiare, che “curo” a suon di Brufen e caffè. Visto che la mattina è lunga, faccio un primo giro nel bosco con la cartina “tutti i punti” ed ho modo di incontrare nella zona dei punti 32 33 e 34 un enorme mandria di pecore. Che poi verrà spostata in un’altra zona del bosco…

PROPRIO NEL PRATO DELLA PARTENZA!!!

La mattina è proprio lunga, e per passare il tempo dedico di fare un altro giro, questa volta come ticinese nella categoria Open…

E FINISCO PURE TERZO! (ma solo grazie ai miei compagni di squadra)

Nella domenica dell’Arge Alp, la sveglia suona molto prima dell’alba. Vado in partenza come un automa, sapendo che non potrò fare il giro completo nell’ordine previsto ma dovrò tagliare i loop da qualche parte. Il bosco nella zona ovest è decisamente “impestato”, come pure nella parte finale 9-13-14 e ci metto poco a capire che l’ago della benzina è già in riserva.

Il fine settimana successivo torno in auto, c’è il fine settimane ligure da onorare. La gara di Genova Bolzaneto progettata da Alessio Tenani è bellissima ma anche molto dura, mette a dura prova la mia vista di 56enne nel loop 13-17 ma tanti dei miei personali casini li avevo già combinati al punto 10 dopo il passaggio al punto spettacolo, dove sono arrivato ancora con il fiatone per via di quella tratta 3-4-5 che mi ha portato dritto fino al gran premio della montagna.

Del fatto che il fisico è in sfacelo me ne accorgo anche il giorno dopo, alla staffetta dei Piani di Praglia, dove mi devo accontentare di fare il giro dei punti attorno all’arena (ed il giro finale Elite dopo il passaggio al punto spettacolo) su un terreno che da giovincello mi aveva visto quindi ai campionati regionali a staffetta insieme a Daniele Falcaro e che non costituiva tutta questa insidia… ma sto parlando di quasi trenta chili fa!

Le ultime uscite sono ancora quelle della Milano nei parchi, e poi le gare bi-sprint vicino a Milano. Al quartiere Barona siamo iscritti in categoria Nero solo in due, siamo Marco G. ed io, e cerchiamo di suonarcele di santa ragione su percorsi davvero belli disegnati da Paolo Bocchiola e Michela Titoli.


Quando vado a Casatenovo per la mia ultima bi-sprint, a metà novembre, ancora non so che la mia stagione orientistica è giunta al termine. Non lo so io, ma lo sanno le mie gambe che non riescono neppure a connettersi con il cervello in modalità “sono le ultime dell’anno: falle bene e datti da fare!”.

E’ invece la stagione da speaker a non essere affatto finita.

Solo che questa volta non è Orienteering: le mie apparizioni agli Europei hanno avuto l’effetto di suggerire il mio nome per le gare di un altro sport. Pattinaggio di velocità, pista lunga. Mi trovo così tra fine novembre ed inizio dicembre a cimentarmi come arena speaker per le Coppe del Mondo Junior.

Dove trovo altri team meeting, persone fantastiche ed appassionate e tanta pazienza nei miei confronti e per la mia modalità di commentare qualcosa di più rispetto ad una serie di tempi intermedi e di posizioni


In questa foto ci sono DUE medaglie d'oro olimpiche
Entrambe al collo di Enrico Fabris



C’è però una differenza notevole con l’orienteering, che non mi farà mai abbandonare il mio sport: non ci sono pattini di numero 50, e quindi non posso provare i percorsi!!!

Tuesday, December 19, 2023

“Se sarò ancora in piedi…” – parte 9: dagli EOC al ritiro di Elena Roos

Cronache di una stagione che diventa catodica

EOC. Esegui O Cancella. Quante volte ci siamo trovati davanti ad un popup, una istruzione video, uno schermo con una opzione del genere? Io tante volte. Dal mese di Ottobre 2023, 12 volte in più.

12 volte, tante quante sono sceso in campo in una settimana di passione (orientistica), di passione (nel senso di innamoramento) di passione (nel senso di sofferenza). 12 volte, spesso con trasformismi degni di Stanislao Moulinsky. Corridore, speaker, pre-runner, autista, Enforcer, spalla di Forsberg, telecronista, DeeJay, diplomatico…

Volevo buttarmi a capofitto nell’avventura dei Campionati Europei di Corsa di Orientamento? Credo di esserci riuscito. A volte, anche troppo.

Ri-cominciamo.

Sabato. Ambientamento. Presa di contatto con il “villaggio olimpico” di Peschiera del Garda. Nemmeno il tempo di fare un giretto sulla carta di training di Peschiera ed assistere ai primi scontri tra atleti e passanti, che le mie qualità di relatore e speaker vengono subito valorizzate.


Domenica. Prima gara. E’ a tutti gli effetti un prequel. Si va a Marcesina Malcesine anche per verificare che la parte organizzativa dell’EOC Tour sia a posto. Quello di Marcesina Malcesine sarà, a mio parere, il più bel percorso di tutto l’EOC Tour, gare degli Europei comprese!





Ogni tanto bisogna andare a fare delle nuove fotocopie delle carte di gara, perché i concorrenti che si sono iscritti all'ultimo momento esondano le stime che erano state fatte, ma alla cartoleria troviamo un addetto tranquillo e sornione e tutto quanto viene gestito in modo spedito ed efficace

Purtroppo, nulla può contro l’apocalisse stradale che si abbatte sull’EOC Team il pomeriggio di domenica. Due ore e mezza per tornare da Malcesine a Peschiera, con soste a Lazise e Torri del Benaco per verificare sul campo la location delle due gare successive.

Lunedì. Torri del Benaco. Mi tocca fare due volte avanti e indietro da Peschiera per recuperare gente dispersa (finora non mi è arrivata nessuna multa!).

Dopo la gara di scatena la cerimonia di inaugurazione, nella quale sfilo come rappresentante della Danimarca che non ha mandato nessuno a tenere la bandiera. Passo bene per un danese?



Partecipare alla cerimonia di inaugurazione vuol dire arrivare tardissimo alla cena e dover mendicare un pezzo di pane e soprattutto una sedia in un ambiente dove scatenerei l’ilarità se solo pronunciassi la frase “io sono un orientista”


Tutti leoni e leonesse la sera, ma poi il mattino dopo mi lasciano da solo a colazione alle 5.30 del mattino. Oddio… da solo proprio no… UNO C’E’! “Colazione da Thierry”.

Martedì a Lazise va tutto bene, l’EOC Tour prosegue come una autentica kermesse. All’orizzonte si profilano le prime nuvole: è l’EOC in arrivo.

La sera prima della prima ci si ritrova tutti fino a tardi per fare il punto della situazione. A me viene confermato che sarò speaker accanto a Forsberg, ma che ALLA QUALIFICAZIONE A BORGO VENEZIA (limitrofo a Verona) non ci sarà l’impianto per il commento

Mercoledì mattina, per prima cosa dico a Forsberg che non ci sarà bisogno di fare commenti live alla gara di qualificazione. Lui dice “ok”. Lo guido fino al campo gara (fino all’ultimo giorno sarò il suo autista) e quando scende dalla macchina vedo che si avvicina al team di organizzatori e dice “dov’è il mio impianto di commento?”. E glielo installano sul posto.

L’impianto di commento ha un solo microfono. Io non sono previsto. Di conseguenza mi hanno già trovato un ruolo alternativo: dovrò mettermi all’incrocio dove arriva la strada che atlete ed atleti percorreranno per una cinquantina di metri dopo il via, e bloccare qualunque traffico veicolare, motociclistico, ciclistico, pedonale, passegginifico e carrozzinabile. Un compito per il quale, in un paese dove vige da sempre il “E qui comando iooooo… e questa è casa miaaaaa…” servono doti diplomatiche e relazionali, sempre trattare le persone con il sorriso sulle labbra, accondiscendere, essere assertivi, stemperare subito ogni possibile fonte di tensione…

IO SONO QUELLO IN VERDE !

Come sempre, fatte cento le persone che hanno cercato di passare, ottanta non hanno fatto una piega e hanno deviato, dieci si sono mostrate interessate, otto hanno bofonchiato in modo più o meno aggressivo e uno si è lamentato perché doveva andare in auto a 50 metri a comperare il pane. L’ultimo è quello che ha detto “Mi obblighi a fare in auto una strada nuova che non conosco. Se faccio un incidente e muoio, ti denuncio”. A quel punto ho fatto quello che una qualunque persona dotata di tatto e buon senso avrebbe fatto. Ho infilato la testa nel finestrino e gli ho detto “Hai ragione. Sono d’accordo con te. La tua proposta mi fa bene. Facciamo le cose come hai detto tu!… nello stesso ordine in cui lo hai detto tu!!! PRIMA muori E POI mi denunci!!!!! VA BENE?!?!? MUORI!!!! ADESSO!!!!”.

Il tutto sotto lo sguardo del Senior Event qualcosa Advisor. Che a fine gara mi ha preso da parte e mi ha detto “A Soave posso affidare a te il compito di bloccare le strade?”. Vedremo.

Il pomeriggio a Verona va in scena la prima gara dell’Europeo. Quella del grande errore di Tove alla 100. Quella disputata in mezzo ad una marea di turisti che si scansano all’improvviso o saltano da tutte le parti quando dietro l’angolo sbucano i concorrenti correndo a 25 all’ora. Quella di “cavallo pazzo”, un balordo che per due volte elude la security e riesce ad infilarsi sul corridoio di arrivo mentre arrivano i concorrenti.

Giovedì. Si sale in quota a Prada. E la sveglia è ancora una volta all’albissima. Grazie per la domanda: la risposta è no, Forsberg non viene a fare lo speaker alle gare dell’EOC Tour.

Per salire all’altezza del campo gara, si prende una bidonvia. Che a vederla fa già un certo effetto. A prenderla l’effetto è ancora più forte. A viaggiarci sopra sempre di più.

La gara non è difficile, ma per uno ormai abituato alla bassa quota l’aria rarefatta fa lo stesso effetto di tre round con il migliore (o peggiore?) Mike Tyson. Finisco la gara che nonne ho veramente più. Ma diamo pure la colpa all’ennesima alzataccia

Giovedì sera ho la conferma della notizia che girava da qualche tempo ma che non era mai stata ufficializzata: alla sprint relay di Soave non sarò al commento con Forsberg ma posizionato leggermente più in alto, nello studio televisivo di TeleChiara (gruppo Videomedia) che trasmetterà in diretta tutta la fase preliminare della sprint relay e tutta la gara. E’ una prima assoluta per l’Italia. L’idea è che gli orientisti italiani, ed anche i semplici passanti, possano assistere dal vivo alla gara e seguirla sugli schermi televisivi dei locali di Soave o sullo smartphone con il commento in italiano. Io accolgo la notizia con il mio consueto aplomb: me la faccio sotto e non ci dormo la notte.

Essendo una prima italiana, è una prima per me ma è anche una prima per tutti. Di conseguenza vengo lasciato a gestire con i responsabili della televisione tutti i dettagli della trasmissione, dai più rilevanti a quelli trascurabili. Le mie due sole domande sono: “Ci sono stacchi pubblicitari durante la diretta?” No. “E se uno deve andare in bagno?” Ehhhh… Per fortuna, mia e di tutti e di tutto l’orienteering mondiale, il team di TeleChiara è fatto di professionisti fatti e finiti, che di trasmissioni in diretta ne hanno fatte a centinaia se non migliaia e che se ne fanno un baffo di due ore e mezza di diretta. Il team leader, il commentatore che affiancherò per la parte tecnica (credici!) è Jonnhy Lazzarotto che ha lavorato per la RAI, per SKY, per Eurosport, per SportItalia, ha fatto due olimpiadi estive e tre olimpiadi invernali e quindi sono in una botte di ferro. Io. Lui un po’ meno.


Questo screenshot è preso dalla diretta della televisione svedese!!!!!







Però in qualche modo di veniamo incontro. Lui tiene il pallino in mano durante la parte iniziale della diretta, prima della partenza, quando di fatto introduciamo all’orienteering “la casalinga di Vicenza” (parole sue) ed io poi cerco di non sommergerlo di parole durante la gara, in modo che la cronaca sia una sorta di lungo dialogo tra noi. Oltre ai riscontri tra il divertito e l’entusiasta delle amiche e degli amici che hanno seguito la diretta (troppo buoni!), otteniamo un effetto inatteso: poiché la diretta streaming su TeleChiara è gratis, mentre in alcune nazioni estere va in onda a pagamento, chi capisce un po’ di italiano (non c’è di che amiche ed amici svizzeri) si collega con noi e quindi in alcuni forum va in onda uno strano dibattito con commenti del tipo “Forsberg sta dicendo questo, ma sulla televisione italiana stanno dicendo quest’altro”.

Probabilmente in ognuna di queste situazioni Forsberg aveva ragione ed io torto, ma a mio credito c’è il fatto che io il percorso (come sempre del resto) l’ho provato 😊

Un ultimo commento, a fine gara, mi fa particolarmente sorridere. Qualcuno mi dice che non è stato bello, per la platea locale, ascoltare un intero commento in inglese dall’arena speaker. Ma è la stessa persona che al termine del mondiale sprint di Venezia si era lamentata con me per i miei inserimenti in italiano.

La sera, a cena, mi godo un po’ di popolarità. Un paio di svizzeri mi chiedono come mai non hanno sentito la mia voce durante la gara (quindi la sentite!?!) ed io rispondo che ero in diretta non stop sulla televisione italiana. In particolare, ad uno di loro, dico “se ti capitasse di ascoltare quella diretta, mi sentiresti dire che tu sei stato l’anello debole del quartetto svizzero… mi spiace”. Per fortuna Matthias Kyburz è un bravo ragazzo e fa finta di niente: lo sa da solo di non aver performato al meglio.

Dopo la giornata tutta emozione e testosterone di Soave, sabato è il turno dell’ultima gara dell’EOC Tour. Si va ad Alonte ed è una giornata molto particolare: passare dal trambusto della diretta e degli Europei che assegnano una medaglia ad una gara con qualche decina di persone mi fa sentire in pace ed armonia con la carta e con l’ambiente, ed il percorso tra i vigneti mi sembra persino più bello di quello che ha dato il titolo alla Svezia

Domenica. Gran finale. Si comincia all’alba a Creazzo, dove è prevista la gara di qualificazione alla KO-sprint. Anche in questo caso non è previsto il commento live (anche perché non c’è nessuno a vedere la gara), anche questa volta la postazione di commento viene predisposta in fretta e furia per il solo Forsberg. Io all’inizio sono uno dei tanti pre-runner della gara, e becco il momento nel quale uno dei punti di controllo viene spostato (poi verrà proprio sottratto) da chi fa sempre del “e qui comando io, e questa è casa mia” la sua filosofia di vita. Dato che non è previsto un mio contributo al commento, vesto nuovamente i panni dell’Enforcer, ma mi viene dato il compito di presidiare un passaggio vietato ai concorrenti. Devo prendere nota dei numeri di pettorale e riferire, se mai capitasse che… ma nessun problema: non capita.

Per il pomeriggio è prevista una nuova diretta su TVA, ma io ormai mi considero un cronista navigato. Sul tetto dello studio predisposto da TVA accompagno Barbara Todesco, anche lei come Jonnhy Lazzarotto giornalista esperta che si occupa di cronaca e sport. Comincio il pomeriggio nella postazione con Forsberg, perché TVA non trasmette i quarti di finale, ma dalle semifinali in poi (8 gare in tutto) Barbara ed io ci passiamo la palla cercando di essere spigliati e intriganti il giusto affinché gli spettatori casuali e “le casalinghe di Vicenza” restino agganciate nella rete della gara.










Tra le frasi che ricordo di aver pronunciato, una soprattutto sarà oggetto di molti commenti (in particolare da oltre Brogeda) “Stanno portando Kyburz al traguardo in poltrona!” “Kyburz è sul divano che guarda la gara degli altri ed aspetta il momento giusto per accendere il motore”. E di aver fatto molto tifo per Elena Roos.


Una giornata fantastica, che darà il via ad alcuni sviluppi del tutto inaspettati.