Stegal67 Blog

Monday, March 31, 2008

Problema di fisica.
Sia dato un cellulare di una nota marca finlandese che ha prodotto anche scarpe per orienteering. Si appoggi il cellulare sul tetto di una automobile 1400 di nota marca italiana, immatricolata nel 1993 e mai e poi mai lavata.
Si conduca la macchina lungo la strada che dall’arrivo della Coppa Italia porta a Rivoli… avete presente? (per chi non c’era, una strada simile a quella che portava al ritrovo di Cavedine… se non eravate né a Rivoli né a Cavedine… chi siete perché state leggendo questo blog?)

Domanda: dopo quanto metri ci si aspetta che il cellulare piombi al suolo?

No. Non sono (ancora) diventato pazzo. Un po’ suonato, quello si. Almeno dopo due giorni, in realtà 24 ore, molto intense passate sui campi di gara. Intanto devo annotare sul diario che questa giornata di lunedì mi ha visto precipitare nuovamente nel vortice di quel ciclo tosse-raffreddore-febbriciattola malsana (con annessa spossatezza) che speravo di aver abbandonato un mese fa.
D’altra parte, il fisico è ormai in sfacelo, ed i sintomi con i quali sono partito da Milano sabato in tarda mattinata non facevano presagire niente di buono: dopo aver frequentato colleghi alle prese con ogni virus occhiorecchienasogola possibile ed immaginabile, giovedì mattina ho cominciato ad avvertire i primi sintomi della gola in fiamme, e venerdì pomeriggio il naso ha cominciato a gocciolare come un rubinetto chiuso male…

Sabato a Villarbasse. Ho cercato di dare meno fastidio possibile ai ragazzi del Cus Torino impegnati in organizzazione. Sarebbe stata la prima volta per me di cimentarmi in un commento “notturno”, ed avevo in mente solo le impressioni ricavate l’anno scorso a Vivaro da chi era presente alla prima di Coppa Italia 2007. Insomma, mi sono fatto un po’ di idee e di sceneggiature. La collocazione logistica 2008 però prevedeva due distinti luoghi per la partenza e l’arrivo, con la partenza collocata in una specie di parcheggio a terrazze che non poteva offrirmi grande visibilità, e l’arrivo in fondo ad una lunga via… se solo ci fosse stata una prolunga per il cavo del microfono! Insomma, tutto sommato abbiamo cercato di cavarcela al meglio, visto che i ragazzi dell’impianto fonico sono riusciti a smontare tutto l’ambaradan alla velocità della luce tra il secondo ed il terzo lancio e ri-impiantare tutto all’arrivo con qualche minuto di anticipo sull’arrivo di turbo-Julia…
Ringrazio come sempre tutti coloro che si fermano subito dopo la gara a dare retta alle domande dello speaker, nonostante l’adrenalina che gira nelle vene al posto del sangue, il sudore e la fatica e la tensione magari dello sprint appena concluso. Bel siparietto con Marco Seppi, da me definito nella fretta “campione italiano sprint” (avevo in mente Fusine… ma a Fusine aveva vinto Klaus!). “Secondo al traguardo Marco Seppi, campione italiano sprint…”
“Non sono campione italiano…”
“Ok, sei stato campione italiano…”
“No, non sono mai stato campione italiano sprint…”“Ok, diciamo che sei nazionale sprint, sei forte nella specialità sprint, hai avuto ottimi risultati in questa disciplina…” (lo specchio sul quale mi stavo inerpicando era ormai finito!).
E diciamo anche che nella mia pur minuscola esperienza ho avuto abbastanza fiuto da evitare di chiedere qualcosa a SuperLau… ormai ho imparato a riconoscere abbastanza certe facce, vero Laura? :-) Che poi tutti i ragazzi e le ragazze dell’Elite sono sempre gentilissimi con me (Laura in primis), devo solo stare attento a non esagerare nella mia invadenza!
Il giro notturno l’ho fatto anche io… con la luce. E’ stato abbastanza per notare che la differenza è proprio come quella che passa tra il giorno e la notte, che strano eh? Non ho la più pallida idea di come me la sarei cavata a fare di notte un percorso che fatto con la luce non ha portato alcuna difficoltà! Non è corretto nemmeno che io dica quanto ho impiegato perché è stata in realtà poco più di una sgambata (anche se con il raffreddore che avevo sono arrivato al traguardo senza fiato e col sangue ai polmoni…).

Dopo qualche ora di sonno, anzi di autentica catalessi. Inizia la grande domenica di Stegal. Sveglia all’alba, una vera alba, e vado in cerca di qualcosa per fare colazione… questo qualcosa si rivela essere la macchinetta del caffè all’ostello di Rivoli. Se mai vi capitasse, cercate di non essere i primi della giornata ad utilizzare quegli strani aggeggi: il sapore della broda che se ne ricava è a) vago, b) indefinibile, c) tipo “fogna di Calcutta”
Ma dovevo svegliarmi per forza. Avevo davanti una M40 da fare in solitaria e poi la mia missione di spaccatimpani: in nessuno dei due casi avrei potuto non essere nel pieno delle forze. Per la mia povera gola, ho provveduto con un paio di pastiglie miracolose dall’effetto sicuramente dopante, mentre per svegliarmi ho attinto alla succitata macchinetta con 1… 2… 3… 4 caffè (caffè…) che mi hanno lasciato in bocca un saporaccio schifoso.
Al campo gara la situazione era in fase di evoluzione: non facile organizzare con forze ristrette due gare di Coppa Italia in 12 ore; ho cercato di dare meno fastidio possibile e alle 9 meno dieci, vista la situazione ancora incerta, mi sono diretto in partenza con i clear e check in mano: se il percorso fosse stato posato, avrei avuto la mia classifica; in caso contrario nisba. Così Luigino Zanella mi da il via alle 9 e dieci, il mio obiettivo è quello di arrivare al traguardo a ridosso dell’ora zero quindi ho più o meno 50\60 minuti per completare il percorso. I primi metri li faccio guardando la carta che tengo in una mano insieme al paletto della svedese ancora da piazzare… Ho subito la conferma che sarà una prova molto veloce: difficile bucare i verdi, conviene tenersi sui sentieri e far andare le gambe; forse non è proprio l’orienteering che si fa in una pineta ma questo offre il terreno.
Provo a tagliare nella prima parte del percorso e mi accorgo di seguire esattamente la linea che mi prefiggo: bordo del prato, sentiero fino alla curva, su dritto fino al masso. Poi 1-2 a cercare le due buche, il sentiero in salita e poi quello che mi porta alla collina dietro alla quale c’è il secondo masso. Per la 2-3 cambio tattica e provo a bucare il verde, ma ci rimetto in tempo e fatica ed il mio parziale sarà di quasi 1 minuto superiore a quello di Oscar G. No, bisogna stare sui sentieri! Giù a bomba su quello che porta alla 4 e, appena si ricomincia a scendere, dentro fino al masso: dritto al punto! Ancora su sentiero, passo l’avvallamento, arrivo al bivio e proseguo: quando sono sotto alla collina mi preparo ad inerpicarmi di qualche curva; sento un tramestio in cima, ed è mr. Zamperin in persona che mi accoglie con un “E’ l’ultima da posare per me oggi”…poi giù di nuovo al sentiero a fare come Ingemar (Stenmark) tra i rami, un taglio nel bianco verso la traccia in discesa e alla curva mi butto a destra: ancora dritto sul punto! La 7 non può essere difficile: sbarco sul sentiero principale e incrocio Federico Cancelli con una lanterna in mano (magari si meraviglia nel vedermi correre a quella velocità): risalgo tutta la traccia e intanto mi guardo in giro per capire il punto da dove ripasserò per andare alla 11. Quando la traccia termina nel sentiero principale mi butto nel verde: la collina è visibilissima e il mio radar mi porta dritto al masso. Ancora un po’ di fatica, mi dico, ce la faccio ce la faccio! Arrivo in zona 8 lungo il sentiero e comincio a far andare gli occhi a destra e a sinistra nella tattica FBL (fa balà l’oecc) ma la lanterna mi si fa letteralmente incontro: già qui? Ritorno sui miei passi, giro attorno alle curve di livello, becco il masso e mi butto nel verde: ce la faccio ce la faccio! E infatti il masso della 9 è lì che mi aspetta dietro un vero muro di vegetazione. Adesso è pura corsa: salgo alla traccia che da ovest a est percorre tutte le creste ed arrivo alla buca della 10… punto inequivocabile, ma la lanterna non è lì! E’ solo qualche metro avanti, appoggiata al masso; perdo 10 secondi per metterla a posto e carico come una molla mi butto sulla traccia e poi sul sentiero… dove dovevo andare per la 11? Avanti… avanti… non posso sbagliare adesso… QUI! Mi butto a sinistra e sbarco dritto sul sasso. E’ finita, è finita. Adesso non devo farmi prendere dalla foga: la 100 è vicino al laghetto, ci saranno attorno tante persone… invece la vedo proprio in un battibaleno e riesco a fare anche in bello stile lo sprint finale: 48’21” per me! 9 e 58 all’orologio di gara… se ci fosse il microfono farei anche in tempo a dare l’annuncio del via, ma la gara è in ritardo di 10 minuti e l’impianto voce non può essere attivato :-( ma fa lo stesso: ho compiuto la mia missione, per parlare ci sarà tempo dopo circa 1 ora, quando il microfono sarà messo in funzione, e per vedere se il mio tempo è almeno decente non devo badare a super-Oleg Anuchkin che mi appioppa 17 minuti di distacco ma i compagni di squadra Sandro e Oscar che mi arrivano dietro, e Carlo Carenini che riesco a precedere per una volta almeno nella stagione. Ricomincio insomma la Coppa Italia da dove l’avevo lasciata: con un posto nei primi 10 come ad Aviano, anche se là non avevo fatto da speaker ma non ero nemmeno dopato (mi sa che mi porterò a casa una di quelle macchinette del caffè dal sapore squallido ma dai risultati miracolosi).

Poi è tempo per parlare con gli atleti Elite che arrivano, ed una delle immagini più belle è quella del saluto tra i due fratelli Seppi che si danno appuntamento alla prossima occasione ed al prossimo sprint, ma anche tutto il gruppo della Forestale che si fa intervistare sempre con grande disponibilità, il sorriso di Christine, quello di Misha e le riflessioni di Emiliano; insomma tutto quanto serve per potermi far pensare che io ci metto dell’impegno ma che se non ci fossero i ragazzi a darmi man forte e a sopportarmi…

Torniamo al problema di fisica. Avete trovato la risposta? Beh, il mio cellulare è arrivato sul tetto della macchina fino a Rosta! Nonostante le curve sullo sterrato, la prima discesa a picco verso il paese e le curve strette tra le villette. Per fortuna, dopo essere tornato a cercarlo al ritrovo con Luigino, Carla e Fabio, l’ho ritrovato sulla strada mentre scendevo ormai quasi in preda al panico. Che sia stata la “cropa” che si è formata in questi anni di mancati lavaggi ad alzare a dismisura il coefficiente di attrito o a fare da collante? Comunque sia, non voglio ripetere l’esperimento…

Monday, March 24, 2008

Qualche anno fa il grande allenatore Phil Jackson (10 titoli con Knicks, Bulls e Lakers) commentò così una partita di playoffs dei Lakers con Indiana: “Abbiamo vinto la palla a due e segnato il primo canestro. E’ stato il punto più alto della nostra partita”. Quella volta, infatti, non gli era andata tanto bene…

Cavedine. Lunedì di Pasquetta. Prima gara regionale, e long, del calendario trentino. La macchina con a bordi i 4 “originals-GOK” arriva a destinazione dopo circa 3 ore di viaggio. Non mi sento molto in forma per affrontare il percorso M35, dopo settimane di lavoro intenso e arrabbiature e stress, ma (penso) me la sono cavata in situazioni peggiori; la griglia mi vede in sicuro possesso dell’ultimo posto, quindi non ho nulla da perdere.

Nel paesaggio innevato di Cavedine, non ho le forze per fare riscaldamento e mi limito a qualche passo di corsa per adattare i piedi alle scarpe. Quando viene in mio turno, prendo la descrizione punti e vedo che il primo punto è “buca, la più a nord”: mi avvicino alla cartina-demo e cerco di individuare il punto: non può essere nella buca vicina al triangolo di partenza, troppo vicina e troppo banale… forse quella più lontana… si, deve essere quella, con una scelta di traverso nel bianco, poi il giallo del prato, l’angolo del prato e la risalita a 45° di 3 curve verso un avvallamento ed un naso. Si, deve essere quella! Bip Bip Bip… Biiiiiiippppp. Partenza. Mi chino sulla carta e do un’occhiata: il punto è proprio quello ed io ho già la mia scelta in tasca!

Ebbene. E’ stato il punto più alto della mia partita!... pardon… della mia gara regionale.

E nemmeno quel punto ho trovato senza girare a vuoto per un paio di minuti, se non tre!!! Fermo, indiscutibilmente fermo sulle gambe, a strascicare i piedi nella neve senza riuscire a stare in equilibrio. Sono rimasto corto su tutti i punti del percorso, incapace di leggere le curve di livello, incapace di capire se la distanza percorsa sulla tratta era sufficiente a portarmi in zona punto: con la fatica nelle gambe e nelle ossa, avrei dovuto aumentare ogni volta la sensazione della distanza percorsa di un buon 30%.
Attorno a me, concorrenti assai più tonici di qualunque genere, numero e grado (come diceva la mia prof di greco). Terminato il primo loop, mi sono affidato ad un passaggio in costa tra le rocce un po’ troppo pericoloso per le mie recenti fobie, e lì se ne sono andate anche le ultime energie mentali. Mi sono trascinato avanti nella neve approfittando dell’unico momento in cui sapevo esattamente dove mi trovavo e dove stavo andando (in barba al principio di indeterminazione di Heisemberg) per dare una mano ad un GOK in difficoltà e infine sono arrivato al cambio cartina, già convinto di mollare. Speravo di poter fare tutto alla chetichella… e mi sono trovato davanti il comitato di accoglienza del Trent-O al completo!!! Andrea, Sabrina, Manuela, Friz e non m i ricordo chi altro… e Andrea Segatta in versione speaker che al microfono mi incitava a proseguire. Insomma: io la cartina del secondo giro l’ho anche presa, ma mi è bastato uno sguardo per capire che mai e poi mai avrei avuto le energie (soprattutto mentali) per terminare la prova; ho provato ad inerpicarmi sul sentiero fettucciato verso il primo punto (distante più di un chilometro) mami sono accorto che non riuscivo nemmeno a tenere la direzione. Credevo di essere su un sentiero e mi sono accorto che non stavo andando nella direzione voluta quando Michele Franco e uno dei Dallavalle brothers mi hanno sfilato a sinistra. La prospettiva di altri 90 minuti di fatica mi è sembrata improvvisamente inutile, e sono tornato alla macchina.

Devo dire che questo ritiro non mi lascia rimpianti. Il bosco non era male, il percorso era senz’altro molto bello. Non sono stato fermato dai rovi, o dai valloni, o dalle intemperie: tutti fattori che in occasione dei miei rari ritiri mi hanno sempre lasciato con l’amaro in bocca e la sensazione che avrei potuto cavare qualcosa di meglio dalle mie energie.
No, questa volta semplicemente non c’ero io. E per qualche motivo strano mi sento meno colpevole di quanto dovrei forse sentirmi…Vediamo cosa riserverà il futuro e quali piani potrò mettere in cantiere per cambiare questo andazzo.

Wednesday, March 19, 2008

Il commento dal sito ASTI:
http://www.asti-ticino.ch/co/doc/articoli/sg_080318.pdf

Ed il mio...

Nonostante il prosciugamento di energie, soprattutto mentali, che in questi giorni devo subire in ufficio, dovrei avere abbastanza elementi in mano per commentare la Due giorni del Ticino appena trascorsa. Nella quale ho vestito i seguenti panni:
1) posteggiatore (dalle 9.15 alle 12.00 del sabato)
2) uomo assoluto lungo (dalle 13.30 alle 15.30 del sabato)
3) dispensatore di aiuti non necessari (dalle 8.30 della domenica alle 11.00)
4) uomo aperto lungo (dalle 11.30 alle 12.20 della domenica)
5) uomo in giacca e cravatta (fino alle 14.20 della domenica)
6) uomo alla tastiera (nella serata di ieri e alba di oggi)
Che dire? Arturo Brachetti mi fa un baffo? Può essere… in mezzo a tutto questo anche alcuni minuti da “damo di compagnia” e persino alcuni secondi di gloria come punto di appoggio per la lanterna di un atleta dalle enormi gambone (LauraSka dovrebbe averlo identificato...) e dalla mutanda in tinta con i colori della patria bandiera!

Ma andiamo con la mia personale prestazione orientistica: sabato HAL da 6 km + 360 metri di dislivello, peraltro tutti o quasi nell’ultimo terzo di gara; a parte qualche indecisione sulla prima lanterna, per arrivare alla quale ho in realtà studiato un po’ tutto il percorso per capire dove avrei avuto bisogno di mantenere le ultime energie, non credo di aver sbagliato nessun altro dei 18 punti restanti. Si, ok, qualche volta una curva sopra o una curva sotto… ma niente di clamoroso. Il primo loop attorno alla collina è passato bene sulle curve di livello non così accentuate. Le cose più clamorose di queste prime 7 lanterne sono state: un incontro in gara con una atleta che non cito e con un breve episodio che non racconto, tanto non ci credereste ma ho un testimone in Gianni Guglielmetti! (dopo l’incrocio, segue sguardo senza parole tra Gianni e me…); e poi il passaggio a volo radente di Tero Fohr con telecamerina. La mia nobilitate orientistica si parrà tutta nella tratta 6-7, quando identifico con una sicurezza sbalorditiva i verdini, la paludina, il sasso e da lì i muretti che conducono alla lanterna, mentre tute finniche e tute Asti si scapicollano verso valle perdendo quota e tempo, richiamate sulla retta via solo dalla vista dell’impiegato panzottello e pantofolaio che per una volta arriva dritto sul punto (la bassa velocità aiuta eccome!). Nella tratta 7-8 il primo impatto con i valloni che, dopo Capriasca, mi mettono addosso una paura folle, e da lì in poi remi in barca che si deve ancora arrivare alla 12… dove cominciano le difficoltà altimetriche: salite a picco e discese a picco, salite da arrampicarsi con le mani e discese da frantumarsi sul fondo. Ma poiché ho tenuto in serbo energie soprattutto mentali, riesco a non farmi prendere né dal panico né dalla frenesia ed affrontare tutte le difficoltà senza farmi prendere da scelte pericolose. Anche se ad un certo momento, sulla ennesima salita, i piedi per un istante rifiutano di andare avanti (la lanterna è a vista, in una carbonaia, ma lo sforzo di volontà per arrivarvi è stato enorme) e le ultime tratte sono proprio di conserva, per tenere qualche stilla di energia per il ritorno a casa, anche a costo di superare i 120 minuti di gara. Ma andare piano ha i suoi vantaggi, ed ecco che dietro una curva Mr.Gambone ed io quasi ci scontriamo in un poderoso frontale in corrispondenza dell’avvallamento nel quale dovrebbe esserci la lanterna; guardiamo verso l’alto… nulla! Ci guardiamo in faccia e sento arrivare un sibilo “whereisit?” che mi vale il fatto di diventare più alto di 10 centimetri buoni. Magari ho capito male.. magari ha detto: “ukkatikkahalla… jakkotukkabilli…”. E io che ne so? Vai avanti tu che io ti vengo dietro! (ecco perché ho avuto la vista panoramica delle mutande…)
Il mio finish è immortalato qua: http://2giorni.coaget.ch/it/image/tid/11

Domenica. Partire per la “uomo assoluto” lungo è impossibile. Partirei troppo tardi per poter dare una mano nel dopo gara e ne approfitto per una “uomo aperto lungo” comunque divertente e abbastanza breve da consumare giusto le energie rimaste dopo la gara del sabato. Peccato per i 5 minuti persi in una sola tratta da Sandro, causa valloni (prima o poi riuscirò a vincere la paura, oppure a trovare una strada alternativa!). Il mio post finish è immortalato qua:
http://2giorni.coaget.ch/it/image/tid/10
quando ho dato prova di non conoscere la pronuncia di alcuna città o cittadina a nord del Gottardo, e neppure (se è per questo) dove cadono gli accenti di parecchi nomi ticinesi. Ma non ho saputo fare di meglio…

Seguono ricordi di strette di mano, di saluti, di sorrisi e di sospiri e di chiacchere in libertà, ed e-mail di ringraziamento ed altre e-mail con le quali ci si da appuntamento ad una prossima occasione. Di chi sono queste e-mail? Credo che vogliate sapere troppo, ma io ho già deciso per chi fare il tifo ai prossimi mondiali :-)

Sunday, March 09, 2008

Bergamo e dintorni

Un week-end orientistico che ha avuto sicuramente luci ed ombre. La somma dei fattori positivi e negativi è comunque riassunto nella chiacchierata a ruota libera durante la bella passeggiata fatta con Dario G. e Mario R. (rispettivamente mio presidente UL e atleta Elite) dopo l’arrivo della gara di domenica al Parco dei Colli: comunque sia andata, le soddisfazioni di poter praticare uno sport come il nostro insieme agli amici e talvolta nemmeno troppo lontani da casa compensano eventuali fattori negativi da mettere in conto, piccoli incidenti o cose che non sono proprio andate come vorremmo, che si tratti di una classifica o di un percorso.

Vediamo un po’ il week-end, allora, partendo dalla sola gara di sabato.
Sabato gara in centro storico a Bergamo Alta. “High BG” per me vuol dire pensare ad un ricordo indelebile: la prima gara nella quale ho avuto a che fare con un percorso di dislivello superiore a 200 metri (forse erano 220 o 230?). Ricordo che Alberto Grilli, ancora mio compagno di squadra, interrogato a fine gara (la sua) su come fosse il percorso disse con un filo di voce “Si sale fino al cielo…”. Esatto: il passaggio sotto la funicolare è sempre lì a fare da gran premio della montagna.
La gara è a sequenza libera, una formula con la quale mi sembra che sempre più spesso si cerca di rivalutare i centri storici regionali. Poiché la partenza è alle 14.30, con 15 minuti da percorrere dal ritrovo alla partenza, ed io parto al minuto 1, arrivare alle 14.05 al ritrovo non è il modo migliore per approcciare una gara che so già essere lunga e impervia. 27 i punti di controllo, con 1 minuto per guardare la cartina prima del via per fare un piano di azione.

Il mio prevede di partire con calma e in discesa: non ho potuto scaldarmi e le prime lanterne in discesa verso destra mi permettono di cominciare a correre senza soffrire: per la salita ci sarà tempo. 18, 22, 5, 14, 2 (spero che Rusky pubblicherà la cartina!) e controllo il piano per il grappolo successivo: prevedo di salire alla 10, poi entrare nel castello, fare 7, 26 e 6 e uscire dal passaggio a nord-ovest verso la 13. Poi un po’ di zig-zag a prendere tutte le lanterne di città alta spostandosi verso ovest prima della salita al gran premio della montagna: il sottopasso della funicolare. Tutto bene dunque fino al castello, dove entro dietro a Checo G. un po’ in affanno per aver dribblato un paio di scolaresche in gita.

Il terzo punto del castello, la 6, mi lascia un po’ perplesso: è un “oggetto particolare” che però si trova in un nugolo di “oggetti particolari”; piccoli monumenti, panchine, segnali, altri manufatti… solo dopo qualche secondo realizzo che la lanterna è dietro un cestino. Nel frattempo Checo è schizzato avanti qualche metro a sinistra ma… sorpresa… lo vedo incrociare subito la mia strada verso sinistra. Ci metto poco a capire: il passaggio a nord-ovest è chiuso da un bel lucchetto. Un po’ sbalestrati, ritorniamo sui nostri passi e in discesa cerco di mettere a punto un nuovo piano: converrà cercare di allungare la strada e rientrare alla 13 per mantenere la rotta originale o già che ci sono conviene cercare un'altra sequenzaaaaaAAAAA!!!!! … un macchinone nero sbuca all'improvviso da destra, proprio dove si dovrebbe aprire la stradina che porta alla 13, e io rischio seriamente di ruzzolarci sul cofano! Poco male. Lascio passare la macchina e prendo la stradina, un po’ meravigliato di non vedere Checo dietro di me. Salgo, salgo ancora, la stradina si stringe… infatti uno stretto passaggio dovrebbe portare alla 13. Ma del passaggio neanche l’ombra. Cerco per qualche secondo e mi dico “Sarò mica finito in una zona privata? Eppure questa sembra una strada…”. Mi giro e la risposta è in fondo alla discesa: la strada imboccata ora è chiusa da un cancello! Non ci posso credere. Sarà mica rimasto chiuso dentro??? Scendo a rotta di collo e i miei timori diventano realtà. Il cancello è chiuso elettronicamente. Non mi resta che inerpicarmi sul muro di cinta, sperando di non essere visto dai passanti… mi vedono invece un paio di orientisti con i quali faccio la figura del solito scavalcatore di muri di cinta!!! Balzo giù da una altezza di circa 3 metri e mezzo con un tonfo e mi rimetto sulla strada della 13.

Finalmente ci arrivo ma le sorprese non sono finite. Per andare alla 9, infatti, c’è un altro passaggio chiuso e, mi sembra, non segnato come tale… A questo punto abbandono ogni velleità e ricomincio quasi da capo con meno convinzione: arrivo all’altro capo di HighBG con Angelo davanti e Checo dietro e affronto camminando la salita alla funicolare. Le ultime lanterne in discesa mi aiutano a verificare di non aver dimenticato nessuno dei 27 punti, ed il tempo sotto l’ora non è soddisfacente ma di meglio non avrei potuto fare.

Al ritrovo scoprirò che in alcune categorie c’è stata una autentica falcidia dovuta ad un’altra zona non percorribile (che io avevo deciso di ignorare nelle mie scelte) che ha portato alcuni concorrenti a piantare lì la gara. Io invece ancora non so se sono stato classificato: nella fretta di fare il cartellino l’ho piegato un po’ male; saranno riusciti gli organizzatori a ritrovarsi con le punzonature tra le pieghe del foglietto di carta casellato?


Seconda parte. Il sestetto del GOK che a Bergamo alta ha già perso due elementi causa influenza ne perde un terzo nella mattinata di domenica. E’ una Fiat Tipo con autista solitario quella che sale ad Almé per la prova di Trofeo Lombardia. Nella mia solitudine vengo quasi adottato dal Cus Torino, incontrato lungo la strada per un caffè…

Arrivo di buona ora perché parto al minuto zero: per cause di lavoro (non mie questa volta), la mia auto ha chiesto di partire presto e l’organizzazione ha gentilmente acconsentito. Poiché al ritrovo non comprendo bene la posizione di spogliatoi e deposito borse, preferisco cambiarmi in auto anche se è parcheggiata lungo la strada.

Al minuto zero l’organizzazione prova le partenze. Sotto il gazebo con Cristina M., mi accorgo che le cartine di prova hanno qualcosa che non va: tanto che chiedo se la svedese è rappresentata dal triangolo o dal quadrato! Mentre i ragazzi provvedono a modificare qualcosa, mi sovviene un particolare del comunicato gara: “ci sono campi coltivati segnati in carta ed altri, non attraversabili ma non segnati”.

Piccolo, forse non tanto piccolo, inciso.
Sarò fissato, ma sono anni che lo vado dicendo: comunicati di questo tipo secondo me servono a poco. Se ci sono delle zone non attraversabili, occorre 1) segnarlo in carta (basta una croce a penna, non serve modificare la carta e chiedere una nuova omologazione…) 2) fare in modo che i percorsi non ne prevedano l’attraversamento, oppure! provvedere con un controllore e uno sfoltimento delle classifiche finali per i trasgressori. In Ticino lo fanno… Per par condicio, dico che nemmeno la mia società ha fatto le cose per bene da questo punto di vista (due anni fa, o tre? a Tradate). Sull’argomento “campi coltivati” o seminati, non vedo perché dovrebbe essere lasciata alla mia sensibilità il fatto di scegliere se attraversare o meno: ho ancora in mente la volta in cui attraversando quello che secondo me era un prato innocuo venni inseguito da un contadino con il forcone, mentre la moglie e la figlia dalla finestra del primo piano della casina limitrofa urlavano all’indirizzo dei concorrenti e indicavano al fattore il prossimo corridore da forconare…
Fine dell’inciso.

Alla partenza, con un po’ di concitazione prevedibile al minuto zero (ne so qualcosa di partenze organizzate e di minuti zero tempestosi), mi viene indicata una svedese “da quella parte…” ed in effetti vedo una lanterna un po’ lontana, circa 100 metri. Con il minuto 1 vuoto (causa esponente del GOK assente), ho la partenza tutta per me. Ma una volta partito mi sorprendo a vedere, solo dopo pochi metri, dietro una base di cemento, una lanterna. Che sia già il triangolo? Ancora più perplesso, ai miei piedi di estende un bel praticello erboso e subito penso “Sarà attraversabile oppure no?”. Volendo compiere la seconda buona azione della giornata dopo l’episodio con la cartina del minuto -2, torno sui miei passi per chiedere lumi, ma la mia domanda rimane senza risposta… o meglio: la prima risposta fornitami è che lì ci sono solo erbacce ("non mi pare proprio, vieni a vedere!"), la seconda risposta è un invito perentorio a lasciare la zona e proseguire la gara.
Decido quindi di aggirare tutto il prato stando sui sentieri a bordo carta: non credo di aver perso molto se non una trentina di secondi con questo episodio, ma resto comunque un po’ perplesso (come sempre) sull’argomento “campi coltivati”.

Il primo loop della gara, con molte salite e moltissimi rovi, mi vede carente alla lanterna 3: vado in bussola e trovo una lanterna codice 123. Non è la mia… ma ometto di controllare se potrebbe essere una delle successive, visto che in una micro-zona ho 6 punti di controllo. Non lo faccio e sbaglio: era la mia 7 e mi servirà a fare il punto per la 3 ma solo dopo 3 o 4 minuti di peregrinazioni tra i rovi della zona. Errore anche per andare alla 4 (finisco sulla 5) proprio perché continuo a pensare all’occasione persa alla 3. Continuo invece a non capire la tratta 7-8: è uno spostamento puro verso un’altra parte di cartina, ma è di una cattiveria terribile perché, sulla linea da me percorsa, prevede una discesa di 50 metri e una risalita di 80… e non è che altre scelte fossero meno erculee (a meno di non buttarsi in mezzo ai verdi 2 o 3 di questa zona…).
Fosse stato per me, avrei preferito andare direttamente in zona 11 (Rusky, pubblicherai la cartina vero?) e fare un secondo loop nella zona dei punti 8, 9 e 10 ma avendo affrontato il trasferimento in modo più soft.

La seconda parte della gara è in una zona più carina ed attraversabile, o forse è il pensiero dell’inferno verde rimasto indietro che tale la rende (in fondo tutto è relativo). E nonostante per entrare ed uscire dai punti si percorrano talvolta angoli parecchio acuti, salendo al punto e scendendo per la stessa linea, mi rimane abbastanza forza e dignità per affrontare la sequenza 14-15-16 rimanendo in curva di livello ed evitando di risalire ai sentieri dove rimangono gli esordienti con famigliola.

Il risultato? Lento, molto lento, più del doppio del tempo di super Mario “Bros” Ruggiero, e magari c’è anche chi ci ha messo di meno. Ma non è un problema. La chiacchierata post-gara mi ha messo subito tranquillo e di buon umore e l’adrenalina è tornata a livello di controllo in men che non si dica. Domani si torna in ufficio: rimpiangerò persino il loop 2-7… ed è tutto dire delle condizioni in cui stiamo lavorando!

Tuesday, March 04, 2008

Mi ha fatto molto piacere, ieri, sapere che su alcuni blog (quello di PLab, di Rusky e quello del Varese Orienteering a firma di Angelo B.) ci sono commenti positivi alla prova di Milano nei parchi tenutasi sabato scorso al Parco delle Cave. Ho potuto leggere per ora solo il blog di Rusky, e da qualche parte si parla del sottoscritto come persona paziente e attenta…
Ahimé! Vorrei tanto esserlo. Purtroppo se da qualche parte c’è uno Stegal che in ambiente orientistico si presenta sotto le vesti descritte da Marco (ma mica sempre! Vedi le mie escandescenze alla Coppa Italia di Carano che lasciarono di stucco persino Andrea Segatta…), da qualche altra parte c’è uno Stefano che non è né paziente, né affabile, né molto simpatico che non perde occasione per andare via di testa e dar fuori di matto. Provare per credere, dopo il mio ultimo simpatico venerdì pre-Parcodellecave…

Venerdì. Giorno meno uno rispetto al Parco delle Cave. Ero già in tensione. Per mia abitudine fin da quando ero bambino, le cose non si fanno mai all’ultimo momento! La cartella per andare a scuola: sempre la sera prima. Lo zaino per andare al liceo sempre la sera prima. La versione di greco: mai l’ultimo giorno. Chiamiamola pianificazione. Chiamiamola “non fare domani quel che puoi fare oggi”. Sarà, più probabilmente, la paura che all’ultimo momento qualcosa possa andare storto e non ci sia più tempo per sistemare tutto.

Venerdì è il giorno in cui l’unica cosa che vorrei fare è arrivare a sera e caricare il furgone… pardon: la macchina (mica sempre: talvolta anche la macchina è stata caricata il giovedì, cosicché nel parcheggio della banca è arrivata una Fiat con paletti, teli, tavolini…). Il resto va fatto prima, in anticipo.

Venerdì. La follia comincia alle 7.10 del mattino: una chiamata dall’ufficio per un problema da pura legge 626… un orario nel quale una persona potrebbe anche essere a letto a dormire! Passi. Alle 8.00 comincia una nuova follia: le filiali del Veneto ricevono per errore il mio numero di cellulare anziché quello del tipo che deve assicurare l’arrivo dei corrieri con i soldi del bancomat: “… si può affacciare alla finestra che da su via XXX e vedere se arriva il corriere?..:” Attimo di perplessità “Scusi… via XXX… ma di quale città?...” “San Donà di Piave!”. Passi anche questa. Poi inizia la riunione fiume… dalle 8.30 alle 16.40, non stop, a base di accuse, litigi, lamentele; riunione finita praticamente per malore di due partecipanti (c’erano ormai 30 gradi in sala, con l’aria irrespirabile).

Venerdì sera. Arrivare a casa alle 19.30 con da fare ancora le seguenti cose: descrizioni punto di 5 percorsi, griglie di due scuole, recuperare le cartine, caricare il furgoncino. La tentazione di mandare tutto a ramengo c’era…

Per fortuna arriva sabato, un sabato orientistico è quello che ci vuole per ripulire la testa dai pensieri del lavoro. Poche ore di sonno bastano a dare sollievo. Alle 7.00 sono al Parco delle Cave, appena immerso in una lieve bruma. Arrivano Adele e Stefano, poi Marco. Si posa che è un piacere, in un’ora il percorso (31 punti) è giù tra due chiacchere e qualche battuta. Arrivano Piero, Robi e farah, arriva Rusky, arriva Stephen e Jo, arriva Martina (ma stavolta senza la scatoletta del tonno color “tra su di ciuk”), arriva Alessio che è reduce dal festival di Sanremo (“Allora? Come è Pippo Baudo?” “Alto…”), ma doveva essere al lavoro come Rusky e invece hanno preso tutti e due un permesso. Inizia la catena di montaggio agli ordini di Robi, intanto Adele Stefano e Marco montano l’arrivo, Piero e Jo la partenza ed io improvvisamente mi sento inutile; per usare una battuta di un celebre libro che però non mi viene in mente “Mi sento utile come le tette su un toro!”.

Arriva la prima scuola… ma che ore sono??? Le nove e dieci? Ma dovevano essere qui tra più di un’ora… è lo stesso, è tutto pronto… ci sono anche i ragazzi del CAI Melegnano, ci sono 400 cartine da distribuire…Qualche momento di buriana c’è stato: non è facile gestire 3 scuole anche se Rusky si mette a spiegare l’orienteering a suo modo, Sandro in un altro (coi ragazzi che lo guardano ammutoliti e noi pensiamo “ma è la scuola di Sandro?”), anche se in partenza montiamo due corridoi paralleli per le scuole e per i singoli che vengono presi in consegna da Adele o Stefano. Martina fa avanti e indietro con le cartine, Robi e Farah vengono a chiedere i dettagli dei percorsi mentre l’arrivo macina conteggi e classifiche a tutta birra.

Peccato che tra tante persone ci sia stato anche qualche imbecille che, anziché divertirsi cercando di imparare una volta tanto qualcosa di nuovo, ha pensato di ridere alle spalle di chi è arrivato al parco con tutta la buona volontà: 3 lanterne spariscono e poi riappaiono dalla boscaglia più fitta, il che costringe i ragazzi meno esperti a chiedersi dove siano finiti e a compattarsi in gruppi di ricerca anche di dieci elementi.

Per fortuna ci sono anche gli agonisti venuti a sfidare la mia scommessa ed il tempo di Alessio Tenani: il quale, non va dimenticato, ha corso la gara in notturna, con la zavorra (io) alle spalle e fermandosi ogni tanto anche a dare un’occhiata alla precisione della cartina come se la stesse omologando. La scommessa era la seguente: riusciranno i nostri agonisti a fare 23 lanterne a sequenza libera con la cartina e a ripeterle subito dopo con un nuovo testimone ma senza cartina? La risposta è SI. Ho sottovalutato gli agonisti? No, direi che ho centrato una caratteristica peculiare del nostro sport: quella di lasciare una traccia indelebile dei passaggi nella nostra mente, altrimenti non capireste come gli orientisti, anche i più scarsi, siano capaci di rivedere nella mente gare lontane, passaggi tra un punto e l’altro, lanterne fatte seguendo talvolta la curva di livello, talvolta l’istinto e molto più spesso il fattore “C”…

Un grazie agli agonisti anche per aver indirizzato, nel bailamme delle lanterne sparite, i ragazzi più giovani e gli esordienti, fermandosi talvolta anche a recuperare il telo buttato oltre una recinzione.
Non ho ancora capito quanti siano stati i partenti perché cartellini e griglie hanno preso la volta di Bratislava, dove sverna il responsabile dell’arrivo. Dalle scuole dovremmo essere oltre 250 partenti. Più o meno la stessa quantità gli iscritti singoli, che spesso hanno fatto più di un giro, o hanno preso il via in 6 con una cartina (una famigliola con cartina appiccicata alla capote del passeggino era da foto di prima pagina!), e magari durante il giro hanno approfittato per comprare le uova alla cascina del parco… direi che il parco delle cave passa l’esame per il secondo anno di fila.

Per il Monte Stella, ho in mente una nuova scommessa e in più ci sarà anche il mobile-O… ma non ho più nessuna intenzione di fare tutto venerdì sera!

Un passaggio per la domenica al Parco delle Groane: avrei voluto fare i 25 km ma un bivio mancato mi ha tenuto sul percorso dei 18 km. Bellissimo parco, bellissima giornata di sole, forse fin troppo caldo per il mio abbigliamento ancora invernale. 1h33’ il mio tempo, soddisfatto per come giravano le gambe e per questo mi rimane il rammarico di non aver potuto fare anche gli altri 7 km. Ma sarà per un’altra occasione: era la prima volta che correvo alle Groane e mi auguro che non sarà l’ultima.