Stegal67 Blog

Tuesday, April 04, 2017

Sancho Panzottello contro i cancelli al vento


Dedicato a chi mi dice davanti a tutti che non leggerà mai il blog fino in fondo perchè è troppo lungo (ed ai "tutti" che ascoltano e fanno vigorosamente cenno affermativo con la testa). Dedicato a chi mi dice in privato che non si vuole perdere una sola riga del blog, perché ci sono più messaggi tra le righe nel mio blog di quanti ce ne siano in un anno di notizie ufficiali di stampa. Dedicato a chi dice che i blog hanno fatto il loro tempo, ma che mi dice che quando vuole sapere dove era e cosa stava facendo in un determinato fine settimana va a vedere qual era l’argomento del blog.

Quello trascorso dal MOO milanese ad oggi è stato un periodo parecchio difficile: ancora non vedo se la luce dal fondo del tunnel è quella del sole o se è il solito Frecciabianca in arrivo a "Paaaarma, stazione di Paaaarma" che mi sta venendo addosso. Ma sono a casa con l’influenza, ed ho abbastanza tempo per scrivere qualcosa, saltando a piè pari (non se ne esclude una ripresa in futuro, appena le cose andranno meglio) le mie avventure nel Far-South del Mediterranean Open Championship, il primo duro impatto con il nuovo Trofeo Bi-Sprint lombardo a Como e persino la conclusione di una esaltante "Milano nei parchi 2017" nella quale anche quest'anno abbiamo superato il migliaio di partecipanti.

E’ più facile riprendere il mio racconto dall'ultimo episodio, quello che ha avuto come teatro delle operazioni le lande marchigiane. Avevo lasciato Massimo Bianchi e Matteo Dini, ovvero IK Prato e Picchio Verde (ma ovviamente non solo loro), sotto la pioggia di Siena al termine della Tre giorni di Toscana che chiudeva la stagione 2016. A pochi mesi di distanza li ritrovo alla Tre giorni delle Marche, inizio della stagione 2017. Per vari motivi mi sono avvicinato alla Tre giorni con parecchi patemi d'animo: oltre alle preoccupazioni e fatiche accumulate, faccio sfoggio di una condizione fisica da immediato ricovero in ospedale (o anche in ospizio) e di una freschezza mentale appena superiore a quella dimostrata al Mediterranean Open Championship (dove non sarei riuscito a fare assolutamente nulla se non fosse stato per la presenza di PLab come cane guida e di un ragazzone svedese alto e bellissimo di nome Emil che è venuto a darmi man forte nei momento più difficili...).

Nonostante una ansia alle stelle ed una condizione mentale ai limiti dell’encefalogramma piatto, sono intenzionato a dare il meglio di me come speaker, e nonostante le condizioni fisiche pietose mi sono iscritto a tutte le gare in Elite... tanto il piano prevede due sprint in centro storico e una middle nel bosco. Che sarà mai, mi chiedo? Ecco. Un giorno troverò la risposta a questa domanda, anche se so già che sarà la risposta sbagliata. E un giorno qualcuno mi convincerà del fatto che sono approdato nella categoria over-50, che non è detto che il fatto di correre in un centro storico equivalga ad avere una gara in formato sprint e che, in ogni caso, sarebbe ora che il sottoscritto tirasse un po’ i remi in barca! Invece io continuo ad andare avanti con cieca incuranza di ogni dato anagrafico, fisico e mentale. Con i risultati che poi si vedono in classifica (ma, anche senza vedere la classifica, con i risultati che può vedere chiunque abbia la ventura di vedermi passare).

 
Comunque la classifica alla fine parla chiaro. Signore e Signori: salutate e rendete omaggio e gloria al vincitore della Tre giorni delle Marche nella Categoria Elite maschile, che è... l'Impiegato Panzottello!!!! TA-DAAAAAA!!! Fuochi artificiali, pyros, Warren Beatty che prende su la busta con il nome del vincitore dell'Oscar e la usa per scopi meno nobili... Ebbene sì: ho vinto la Tre giorni delle Marche. Perché? Non c’era la classifica data dalla somma dei tempi delle tre gare? O ingiustizia delle ingiustizie! Ma io sono infatti l'unico ad aver completato in Elite le tre gare del Castello di Gradara, di Bosco delle Cesane e di Urbino! Perché non c’era una classifica apposita? Abbiamo delle premiazioni che durano una era geologica, premiamo anche la categoria dei lavoratori del terzo settore ma solo se hanno careggiato con una divisa monocolore ed il cognome non contiene la lettera “E”… premiamo TUTTI! come mi dicono ogni volta i sindaci, gli assessori, gli sponsor, i funzionari, i notabili che si installano ai piedi del palco e che alla ventesima premiazione cominciano a guardare nervosamente il sottoscritto e chiedere per quanto dobbiamo andare ancora avanti… e non premiamo chi ha vinto la somma dei tempi nella Tre giorni delle Marche in Elite? (mi sarebbe piaciuto andare sul podio con Heike Torggler, vincitrice tra le donne, ma a lei però sarebbe piaciuto  meno). Insomma: mi meraviglio che una vittoria di questa portata non sia stata adeguatamente celebrata durante le premiazioni! Ma si sa che io sono una personcina timida e modesta e non voglio portare via attimi di gloria ai vari Caraglio, Tesarova (di cui dispongo di un cimelio rarissimo fornitomi da Roberto Sanna: il file audio con la pronuncia corretta del cognome!) e via discorrendo.

Però qui sulle pagine del mio blog lo posso scrivere. Tanto quasi nessuno è arrivato fino a qui a leggere... E’ stata una vittoria sudata, meritata, conquistata con coraggio e un pizzico di incoscienza (forse più di un pizzico), ottenuta nonostante io mi sia trovato a lottare con ostacoli ed imprevisti che avrebbero tarpato le ali a chiunque: i cancelli. Adesso fate tutti quanti quel paio di "page down" con i quali riempirò righe e righe di azzeccati calembour tra "cancelli" e "Cancelli", al secolo "Tonio Cancelli", uno degli amici che da anni vedo sui campi di gara, uno degli avversari più corretti e cordiali con i quali mi sono trovato ad avere a che fare (e il cui quarto posto nella over-40 al Bosco delle Cesane mi farà sbavare di invidia per tutto il 2017...).

Finiti i “page down”? Ancora non si vede uno straccio di cartina? Consolatevi: a questo punto, dei 10 lettori al massimo che ha il blog, siete rimasti al massimo in due o tre. Siete sul podio! Ed è arrivato il momento di partire dal venerdì sera al Castello di Gradara; località nella quale, scoprirò poi, i miei genitori erano stati in viaggio di nozze. La gara che mi aspetto è cittadina, con il castello che ha fatto da cornice alla storia di Paolo e Francesca che fa da cornice alle lampade frontali degli orientisti, ed alle parole dello speaker che parla con dovizia di particolari del quinto girone dell’Inferno di Dante, quello dei lussuriosi! Nella mia mente (bacata) dovrebbe trattarsi di un percorso sprint dal quale spero di uscire meno malconcio rispetto alla gara di Montalcino che aveva aperto la Tre giorni di Toscana… insomma: un buon modo per me per entrare in clima-gara. Tutte ipotesi che fanno a pugni con:

  • la lunghezza ed il dislivello della gara che mi faranno penare le pene dell'inferno
  • la distribuzione dei punti nei pratoni circostanti l’abitato (sequenza 3-9 e poi 11-13) dove le mie scarpe da running "suola liscia più soletta per aiutare la fascite plantare" mi faranno procedere come se io stessi affrontando una lastra di ghiaccio, e infine... infine...
  • all’ ”infine” ci arriviamo presto.
Diciamo che Edoardo Tona ed io affrontiamo la "mass start" dopo che la posa dei punti è appena completata. Edo si scapicolla giù per la discesa, ed al primo punto è davanti a me solo di qualche metro (perché in discesa “anche i sassi rotolano e non fanno muschio”). Balziamo insieme sulla strada sottostante, ed io lo vedo partire per il secondo punto andando dritto verso sud. A quel punto scatta il momento nel quale nella mia testa viene girato tutto un film (completo di titoli di testa e coda): mi immagino di essere uno dei fratelli Hubmann nel loro video "Go Hard or Go Home", e mi viene naturale pensare che la scelta di percorso migliore è quella di buttarmi verso nord a prendere la strada in discesa che mi dovrebbe portare ad un cancello aperto opportunamente segnato in carta con il caratteristico doppio trattino magenta. Da lì, prenderei la stradina verso ovest, poi un volo attraverso il prato, attraverso il cortile della villa fino a piombare sul punto. Già mi vedo mentre punzono, bello e solare come Clint Eastwood ne “Lo straniero senza nome” quando scompare all’orizzonte nel fonale del film, e dal basso potrò vedere Edoardo che risale faticosamente lungo il prato, con la sua scelta di percorso completamente diversa… e completamente perdente. Ecco il mio film.

Di conseguenza corro giù per la discesa come Peter all’inseguimento di Heidi (un Peter che ha l’età del nonno di Peter), curva a destra, svolta a sinistra e vedo il cancello. Chiuso. Ma porc...! E' un cancello di notevoli dimensioni, mica uno di quei cancelletti che fanno accedere all'area-cani dei nostri giardini pubblici. Ma ri-porc...! Vabbé. Questi sono gli inconvenienti dell'apripista. Non posso fare altro che ritornare sui miei passi camminando, mugugnando, imprecando qualcosa verso Edoardo che ha fatto una scelta sbagliata ma che gli consentirà di arrivare al punto senza problemi (e che si chiederà, come in effetti sta facendo da un po’, che fine ho fatto io). Bofonchio qualcosa circa le gare del venerdì sera in Toscana che non mi portano fortuna (ma realizzerò solo in seguito che sono nelle Marche!) e stringo in mano nervosamente la mia carta di gara che riporta in bella vista il mio numero di pettorale 83 e la mia categoria MElite. Poi mi cade l'occhio sull'angolo in alto a destra della carta: dice "M-35". Ma ri-ri-porc...!!! Vuoi vedere che ci sono stati dei problemi nell'abbinamento tra le cartine e le categorie? "Massimo! Massimo! Abbiamo due problemi!". Quando gli organizzatori mi vedono ritornare così al traguardo, capiscono che il primo problema se lo sono creati da soli quando mi hanno chiesto di fare lo speaker… “Abbiamo un cancello chiuso, ed abbiamo le mappe dei percorsi che potrebbero non combaciare con le categorie”. In un istante Massimo “Whites” Bianchi si precipita a passarmi la mappa di un percorso Elite e scatena la crew del Piccho Verde per andare a controllare il percorso.

Scoprirò lo strano finale solo dopo essere arrivato al traguardo, dopo altri 50 minuti, dalla direzione giusta e con tutte le punzonature: il cancello era chiuso, ma in realtà era aperto, nel senso che sarebbe bastato spingere quel cancellone... cosa che mi ero ben guardato dal fare visto che già una volta ero stato fermato dalla pubblica sicurezza per essere entrato in una area privata. Ma soprattutto Massimo aveva avuto il tempo di controllare tutte le carte di gara e verificare che la mia mappa era l'unica a non avere il percorso coincidente con la categoria. Di conseguenza ero l’unico tra tutti gli iscritti ad avere una mappa sbagliata. E quindi, Signore e Signori!, annuncio con gioia a tutti di aver ulteriormente migliorato ilrecord del mondo per l’unica cartina di gara sbagliata in una competizione orientistica: l'unica carta tra tutte quelle preparate dall’organizzazione! L’unica mappa errata presente in una qualunque cassetta posta dopo la partenza.

Dopo una notte di riposo agitato, per il sabato mattina il menu mi offre come colazione il percorso Elite sulla carta del Bosco delle Cesane. Ho chiesto di poterlo fare nella mattinata di sabato perchè: 1) i punti sono già quasi tutti posati e 2) il giorno dopo scatta l'ora legale e non ce la faccio ad alzarmi alle 5 del mattino per andare a provare il percorso. Colgo anzi l'occasione per segnalare che, quando sarò Presidente IOF vieterò la messa in calendario di qualunque gara nel giorno in cui scatta l'ora legale che fa dormire un’ora in meno! (ce ne sono di cose che devo fare da Presidente IOF...). A me si unisce ancora una volta Edoardo Tona, così almeno non avrò la sensazione di essere nel bosco completamente solo. Edoardo parte due minuti davanti a me, ma le nostre scelte per andare al primo punto di controllo sono completamente diverse: lui prende la strada di destra mentre io vado dritto in salita cercando di limare i metri di strada da percorrere. La mia direzione verso il primo punto di controllo sembra essere quella buona finché non supero l'ultimo vallone ad ovest del punto: supero la collina, mi sembra di trovare il sentiero segnato in mappa che taglia in costa (ne percorro per qualche metro uno ben tracciato) e mi lascio cadere sulla roccia dove dovrebbe essere il punto. Sfiga. E’ evidente che si tratta di uno dei pochissimi punti che non sono ancora stati posati. Cerco in lungo ed in largo il segno di una fettuccia, ma non vedo nulla: la parete rocciosa è molto estesa, dai bordi vagamente taglienti, ed il fondo del vallone in quel punto è abbastanza impervio. Tuttavia sono abbastanza sicuro del fatto mio perché la traccia di sentiero che avevo trovato poco prima è inequivocabile, e le altre due pareti rocciose presenti nel vallone sono abbastanza distanti. Decido dunque di uscire dal punto in bussola, lungo la linea di massima pendenza, in direzione del punto 11: se arriverò dritto sul punto, allora vorrà dire che la fascetta c'era e non l'ho vista; certo che se non troverò il punto... sarò già nei guai! Mentre risalgo penosamente la salita, dal fianco del costone sento la voce di Edoardo: "Stefano... mi sa che ti devo salvare da una Punzonatura Mancante!".
Giro sui miei passi e lo raggiungo in discesa. Per farla breve: ero veramente sulla roccia sbagliata, quella più a sud del punto (ed il sentiero che ho visto? Qualcuno mi dirà nel dopo gara di non averlo nemmeno considerato...). Scendo di nuovo nel vallone, risalgo penosamente qualche curva di livello ed arrivo su un'altra roccia: decisamente più piccola, molto meno accentuata, con un bell'albero che sporge sopra di essa... ed una fascetta a fare bella mostra del punto dove dovrà essere posata la lanterna (qualcun altro mi dirà nel dopo gara che la roccia del punto 1 era segnata in carta in modo molto evidente, seppure nella realtà molto più piccola di quella che avevo trovato io, perché più adatta per la posa di un punto di controllo...).

Vabbé... adesso che Tona mi ha salvato dalla Punzonatura Mancante, cerchiamo di fare le cose per benino (il mio tempo di gara è già quasi la metà del tempo che farà caraglio per completare TUTTA LA GARA!). Il punto 2 non è sbagliabile perché è la roccia alla fine di un avvallamento. Il punto 3 si vede arrivandoci di fronte (e intanto ho raggiunto Edoardo). Il punto 4 è in cima al dosso e una volta fatta la coppia di punti 5 e 6 c'è già la sensazione che si stia tornando verso l'arrivo. Menzione particolare per il punto 11 del percorso, quello che mi ero messo in testa di cercare 45 minuti prima per fare il punto della situazione: lo trovo arrivando dal punto 10, ripassando dal punto 2 e poi, una volta che sono ul dosso, "indovino" che lo spazio di un paio di metri che separa in modo abbastanza netto i due lati del boschetto è a tutti gli effetti il sentiero segnato in carta.

Questo "indovino" si rileverà la parola giusta perché trovo il punto in un tempo ragionevole, stacco Edoardo che è andato in crisi di fame (e al quale riuscirò a recuperare il distacco assurdo che mi aveva dato a Gradara), ma soprattutto impiego sulla tratta 10-11 un tempo di 2'45" inferiore a quello dell'atleta che in quel punto l’indomani mattina si troverà in testa alla gara Elite, e che proprio in quel punto ci lascerà le penne. Dalla 11 in poi devo solo far andare quel che resta delle poche energie, per arrivare con un tempo di poco superiore all'ora e mezza di gara (e pensare che una volta mi accontentavo di impiegare il doppio del tempo del vincitore...).
Dopo aver bevuto tutto quello che potevo bere per reidratarmi, arrivano le 12.30 del sabato ed il menu del pranzo del sabato propone la prova del percorso Elite di Urbino. La mia prima considerazione in merito è che Urbino è bellissima, un posto esageratamente bello per farci orienteering… o almeno così mi hanno detto tutti: io ho passato la maggior parte del tempo di gara con le mani sulle ginocchia e la testa bassa, a guardare i piedi e a sentire lo stomaco che aspettava solo di rovesciarsi. A questo proposito dovrei proprio scusarmi con la coppia di ignoti fidanzatini che stavano beatamente limonando sulla rampa di scale che portava verso il punto 13, e che hanno distintamente sentito, anche al culmine del loro ardore, il sottoscritto che una rampa di scale più in alto stava rumorosamente svuotando lo stomaco di acqua e succhi gastrici vari. Ma perché le mie scelte di percorso devono sempre trovare qualche ostacolo imprevisto (leggi: cancelli) lungo la strada?
Accade infatti che per andare dal punto 4 al punto 5, dopo aver fatto il percorso di bob sulla strada dato che non sono riuscito a capire un cavolo delle piccole aiuole con pendenza del 70% (in verde mi sarebbero balzate all'occhio di più) decido di fare la scelta a sinistra e infilarmi quindi nella scala a chiocciola che mi dovrebbe portare al livello del piazzale. Primo giro: scendo ancora. Secondo giro: scendo ancora. Terzo giro: forse non sono ancora al livello giusto, ma tanto c'è un cancello chiuso con tanto di catenaccio e lucchetto che mi impedirebbe di uscire. Quarto giro: altro cancello con catenaccio e lucchetto. Quinto giro: ... comincio a pensare che qualcosa non va per il verso giusto... Sesto giro: sono arrivato in fondo alla scala a chiocciola. Sono praticamente nelle catacombe di Urbino, c'è un po’ di immondizia rotolata fino in fondo alle scale, tanta polvere e terra ma di una uscita nemmeno a parlarne. E comunque sento distintamente che le ruote delle automobili passano SOPRA la mia testa. Ma porc…! Risalgo. Settimo giro: nessuna uscita. Ottavo giro: cancello con catenaccio. Nono giro: cancello con catenaccio. Decimo giro: nessuna uscita. Undicesimo giro: sono di nuovo in cima alle mura.

Mi viene quasi da piangere. Comunque ho abbastanza tempo per finire il mio giro senza dover avvisare immediatamente gli organizzatori (in un perfetto remake di quanto successo il giorno prima a Gradara). Facendo il giro del fullo, raggiungo il punto 5 rischiando la vita per evitare le macchine ed i bus che stanno parcheggiando sul piazzale. La 7 e la 8 sono davvero carine nei vicoletti, ma la strada per la 9 è solo dolore per la salita, la discesa e la risalita. Si sale ancora per andare alla 10, una salita veramente da sbucciarsi il naso. Si sale ancora in cima al mondo per andare alla 11 e, quando dalle mura della fortezza di Albornoz guardo davanti a me e capisco che l'arrivo è più o meno alla stessa altitudine alla quale mi trovo, ma con l'orrido vallone in mezzo, penso che la mia vita potrebbe essere assai meno complicata di così.

Per andare alla 12 scendo dal passaggio ad ovest della fortezza: una nuova scala a serpentina che termina... in mezzo ad un bancale di formaggi! Mi chiedo se ci siano altri orientisti che possono raccontare le peripezie che capitano a me!!! La strada ad ovest della fortezza, infatti, è teatro il sabato mattina del mercato ambulante. Alle 13 tutti i venditori sbaraccano i loro bancali, e quello posizionato proprio ai piedi delle scale non ha trovato niente di meglio da fare che posizionare il bancale dei formaggi contro l'uscita del passaggio per fare spazio al camioncino con il quale deve portare via tutto. Questa è la volta che mi porto via la caciotta, il pecorino e anche tutta la forma di grana... altro che punzonatura! "Ehmmm... scusi... mi darebbe una mano a passare, che dovrei fare una gara e non vorrei rovesciare a terra tutta questa roba?".

L'ambulante si avvicina perplesso, sposta il bancale di quel poco che basta per farmi passare, e così posso riprendere il mio percorso. Discesa in picchiata verso la 12, la risalita-con-vomito fino alla 13 e poi ultime lanterne fino al traguardo. Da qui, nelle due ore successive, lo speaker dovrà cercare di spiegare ai concorrenti che tutta l'area attorno all'arrivo (che è situato proprio al centro della piazza) è zona gara. Il tutto ovviamente senza spoilerare troppo il percorso… Alla fine della mia fatica mi verrebbe da stimare quanto tempo mi sono costati il passaggio chiuso nella scala a chiocciola ed il bancale di formaggio da far spostare, ma sono convinto che resterei ugualmente adesso alle bassissime posizioni della classifica.
Ma poi a me che mi frega? Mi era sufficiente terminare la gara di Urbino per vincere la Tre giorni delle Marche in Elite! Ed è stato esattamente ciò che ho fatto, anche se nessuna premiazione era mai prevista per questa classifica e se nessuno ci crederebbe mai. Sancho Panzottello: il vincitore della Tre giorni delle Marche in Elite. Nonostante i cancelli aperti, chiusi, semichiusi e accostati, e nonostante i formaggi: quelli ingurgitati e quelli schivati lungo il percorso. Continuo a preferire quelli che metto nel piatto, ma deve essere la prima volta che mi tocca schivare una caciotta per arrivare al traguardo: forse potrei inaugurare una nuova classifica, tanto ormai la leadership assoluta totale universale dell'orientista che ha ricevuto più volte l'unica mappa sbagliata di tutto il percorso è mia per i secoli a venire!
Ps: nelle Marche e in Toscana BISOGNA tornare a gareggiare. La prossima volta però chiederò ai sindaci di far votare una legge regionale che impone l’apertura di tutti i cancelli con due giorni di anticipo sul fine settimana. E dico “due giorni di anticipo” perché se il mio stato di forma fisica decade in modo lineare, tra un po’ mi toccherà provare i percorsi il giovedì per essere sicuro di poterli commentare al microfono la domenica!