Stegal67 Blog

Saturday, December 09, 2017

Tutto in una notte (terza e ultima parte)


(…) Al rientro da Roma il mio fisico semplicemente dichiara di non averne più: né energie per correre ancora, né voglia di cercare lanterne o di mettermi dietro ad un microfono. Per tutta la settimana vengo sballottato in giro qua e là, ma in anticamera è rimasto un ultimo trolley a ricordarmi che per completare questo tour de force manca ancora un fine settimana da “tutto in una notte”: manca infatti il weekend di Bologna con le ultime due gare di Suunto Sprint Race Tour e la finale di Coppa Italia. I presagi che mi accompagnano mentre vado a prendere l’ennesimo treno per Bologna (sono io l’azionista di maggioranza di Trenitalia, altro che Frau Merkel!) sono foschi: mal di testa, gambe doloranti, fiatone anche solo a salire le scale mobili, ma mi riprometto che cercherò di tenere duro per onorare le gare organizzate dagli amici del Circolo Dozza.

Poi, quando arrivo nel piazzale della stazione di Bologna, cominciano a succedere delle cose strane. Per prima cosa mi accorgo che sono arrivato ad un orario antelucano, e che è assurdo andare così presto al Quartiere Navile dove si correrà la finale di Coppa Italia. Il bollettino della manifestazione dice che c’è la possibilità di fare un allenamento ai Giardini Margherita, cosa che non avevo affatto previsto di fare; così prendo il bus che fa la circonvallazione della città, metto su l’Ipod in modalità shuffle e vado a vedere questo allenamento: su 500 canzoni disponibili, la prima che entra il playlist è “Eye of the tiger” a tutto volume nelle orecchie. Se alla fermata in attesa c’era una specie di walking dead, quello che sale sul bus è Clint Eastwood che manca poco che apra le portiere con un calcio come se fossero le doppie ante del saloon. Il fiatone sembra attenuarsi, le gambe di puro legno di massello si sciolgono e pure il mal di testa manda segnali di resa. All’interno dei Giardini, che credo di aver visitato da bambino più di 40 anni fa, faccio un po’ di orienteering con Google Maps, raggiungo il ritrovo, mi faccio dare una cartina dell’allenamento; decido di farlo in t-shirt e jeans, nonostante faccia davvero freddo, camminando per tutto il parco alla ricerca delle lanterne predisposte.

Non so bene cosa sia successo durante i 20 minuti abbondanti passati a girare qua e là: fatto sta che quando ritorno a prendere felpa e bagaglio posso constatare che alle gambe è tornata la voglia di mettersi a correre, che il mal di testa è passato (ci sono poche sensazioni così belle come quella del mal di testa che scompare) e che mi è persino tornata la voglia di fare il buffone con gli amici della Picchio Verde, che nel frattempo sono arrivati ad allenarsi anche loro. Riprendo l’Ipod, rimetto la modalità “shuffle”, rifaccio partire la musica a tutto volume: su 500 canzoni disponibili, la prima che entra il playlist è… “Don’t let me be misunderstood”! (e ormai lo sanno anche i sassi che è una delle mie canzoni preferite). Decisamente, lassù c’è qualcuno che mi vuole tonico, pimpante e soprattutto molto aggressivo questo pomeriggio! La canzone della versione di Leroy Gomez rimixata dura 13 minuti: è il tempo necessario per portare Cline Eastwood (che nel frattempo ha sterminato tuti i walking dead) alla fermata del bus, tornare in stazione e prendere l’altro bus che mi porta al Quartiere Navile. Quando ci arrivo, posso salutare Clint perché sento di essere in uno stato di nirvana che vorrei che durasse almeno il tempo della gara.

E infatti dura!

Sarà anche il fatto che in partenza ci arrivo accompagnato da Gabriele Bettega, ed io so già per esperienza diretta che quando c’è Gabriele in giro le cose possono solo andare bene (prima o poi ci dovremo decidere a nominarlo santo protettore di tutti gli orientisti…). Prendo il via. Non ho ancora finito di girare il primo angolo della casa ed arrivare alla lanterna svedese che il mio cervello manda un messaggio perentorio: “Dove credi di andare a questa velocità??? Guarda che crolli prima ancora di essere arrivato alla 1!!!”.  Mi si parano davanti due scelte (e sono praticamente più di quelle che ho per andare al primo punto, al secondo, al terzo…): o do retta al cervello e metto la marcia su un ritmo più basso, o do retta alle gambe che nel frattempo sono arrivate alla seconda svolta e vogliono soltanto correre dietro ai miei piedi. Clint, ormai padrone del mio subconscio in versione poncho e sigaro tra i denti, colpisce con violenza l’opzione “rallenta”: addirittura riesco ad accelerare ancora! Se va avanti così, giuro che questa volta non dovrò calcolare il doppio del tempo del vincitore, e nemmeno il 90% o l’80% in più: questa volta non dovrò cercare il mio nome in fondo alla classifica.

Per andare dalla 4 alla 5 faccio il giro delle due “mezzelune” da nord, così intanto guardo dove sta il cespuglio della 7 ed il salice con la 6. Verso la 8 passo in mezzo ai due montarozzi, senza fare un metro di salita: mi sembra di avere una fugace visione di Clint che, ai comandi della cloche nel mio cervello (tipo Actarus con Goldrake, ma ha il cappellaccio, il poncho ed il sigaro) continua a dire di correre, di spingere e di fregarmene apertamente della tratta “corri mona! che passando sotto la tangenziale di Bologna mi avrebbe riportato in zona arrivo. Fino alla 14 non ho un solo ripensamento, un solo problema, un solo dubbio: la fatica comincia a farsi sentire, ma quei portici che nella mente del tracciatore dovevano rappresentare una specie di labirinto diventano una specie di trampolino per me che sono un veterano di mille corse a Monza, a Muggiò, a Desio, a Sesto San Giovanni… Passo dalla 14 con un tempo attorno ai 16’10”, ma sono evidentemente oltre il mio limite perché per andare alla 15 commetto l’errore fatale. O meglio, alla 15 ci arrivo anche molto bene: solo che il mio primo piano di volo prevedeva di arrivarci da nord per continuare a correre in direzione della 16; i piedi invece, dopo aver punzonato la 14, si buttano verso sud attraversando il portico in diagonale, ed io, Clint, Actarus, Uncle Tom Cobbley and all (ovvero tutta l’allegra compagnia che alberga nel mio cervello) andiamo loro dietro. E’ a questo punto che Clint decide di lasciare per un istante i comandi per andare nel retro a lumare qualche bella hostess…

Succede così che, dopo aver punzonato la 15 provenendo da sud, continuo a correre come il peggiore dei coglionazzi… verso nord! Arrivo alla siepe e la scambio per il muretto non attraversabile, guardo verso destra cercando le scale ma vedo un portico e, al di là, 4 piccole aiuole. Ho già superato il muretto??? “Ma no, cretino! Queste aiuole sono piccolissime, buttati a sud, buttati a sud!!!”. Per farla breve, sbaglio là dove non avrei mai e poi mai dovuto sbagliare. E poi ri-sbaglio, perché già che c’ero a quel punto avrei potuto arrivare alla 16 da est anziché da ovest.

(in rosso il mio giro del fullo...)

In condizioni normali, dopo aver letteralmente buttato nel cesso una bella gara, mi sarei messo a corricchiare fino al traguardo. Ma Clint torna ai comandi, ancora sporco di rossetto, e intima: “Nella mia lingua non esiste la parola arrendersi! Nella mia lingua la parola corricchiare si legge “continua a sprintare finché non vomiti l’anima!” e, quando vomiti, girati di spalle che anche quello ti da una bella spinta!!!”. Punto 17, poi subito fuori sulla strada, ponte della tangenziale, lungo recinto privato (del Cus Bologna, mi pare) e poi al primo varco mi butto a sinistra. Ormai sono in zona arrivo e ho davvero il vomito (*), ma cerco di disimpegnarmi come meglio posso tra i recinti dei campetti di calcio e sprintare fino alla fine. Tempo finale: 23’17”.

(*) poi scoprirò che qualcuno, su quel rettilineo finale, ha finito per vomitare davvero…

Dovrei essere contento, molto contento, ed invece con il mio cervello è tutto uno scambiarsi parole brutte e insulti per i secondi persi dopo la 15: forse avrei potuto stare attorno ai 22’15”… e a quel punto voglio vedere se i migliori riescono a doppiarmi facendo 11’07”! Non riesco proprio a mettermi tranquillo e, per i successivi 20 minuti (in maglietta e calzoncini mentre attorno fa un freddo polare) devo assolutamente condividere con chiunque mi passa vicino quanto sono stato pirla e come io sia riuscito a buttare alle ortiche una gara quasi perfetta, in uno dei pochi giorni nei quali i miei piedi correvano veramente davanti a me, e correvano bene!

La pianto di autocommiserarmi quando il dovere mi chiama alla postazione microfonica, dalla quale potrò seguire il duello al calor bianco sul filo dei decimi di secondo tra Elena e Ursula per la vittoria, dalla quale mi dovrò sporgere per vedere Anna C. che a 50 metri dal traguardo davvero non riesce a trattenere il vomito. Non mi dovrò sporgere invece per vedere che le squadre austriache e croate hanno eletto il gradino sotto la postazione microfonica come spogliatoio…





(Elena)



(postazione speaker)


(si... la sotto poco oltre l'arco c'è Anna che sta vomitando...
ma non lo posso mica dire in cronaca diretta!)



(arrivo di .. CHI??? Ma Ursula Kadan no?
E' quella là sotto, dietro le spalle della signorina)

Premiazione fatta a lume di candela, anzi alla luce dei fari di una automobile… ed ancora più tardi, durante la serata, il quartetto di moschettieri composto da Gabriele Bettega, Edoardo Tona, Eddy Sandri ed il sottoscritto proverà a mettere una pezza ad un buco informatico che non consente di stilare le classifiche di Coppa Italia, provando a redigerle con il classico sistema “carta e penna” accompagnato da qualche birra: il tutto senza computer, senza regolamento alla mano ma con qualche birra di troppo (gli altri avventori della pizzeria se ne sono andati disgustati da tanta cagnàra…)







Verrà poi la domenica di Bologna, una domenica bagnata non dalla birra ma dalla pioggia che renderà scivolosissimo il terreno di gara. Partenza ed arrivo (con passaggio al tempo intermedio) in Piazza Maggiore dove lo speaker segnala (agli orientisti ed ai turisti che lo stanno a sentire) che le sbrecciature sul selciato del sagrato non sono indice di cattiva manutenzione ma il segno di dove sono passati i carri armati degli eserciti di liberazione alla fine della seconda guerra mondiale. La mia gara non è né difficile né memorabile, ed avrei persino evitato di mettere il loop prima del passaggio al punto spettacolo. D’altra parte è una gara sprint e quindi il percorso non si può allontanare molto da Piazza Maggiore perché poi bisogna far tornare tutti i concorrenti nel giro di 15-20 minuti al massimo…

D’altra parte, come diceva quel sommo poeta che ha vissuto a meno di 200 metri dalla postazione microfonica dello speaker:
“…Girando ancora un poco ho incontrato uno che si era perduto / Gli ho detto che nel centro di Bologna / non si perde neanche un bambino…”
Oh! Io “Disperato Erotico Stomp” di Lucio Dalla la conosco a memoria… ed ho avuto modo di spiegarlo abbondantemente durante la lunga cronaca della giornata (ma non di cantarla al mcrofono, come mi è stato chiesto). Non si può dire la stesa cosa a proposito dei baristi di alcuni locali che si affacciano sulla piazza, dove il quartetto dei moschettieri è andato a fare colazione e merenda: dei versi di Lucio Dalla e della sua poesia, non fregava proprio niente a nessuno.
(mentre NON canto "Disperato Erotico Stomp" o "Piazza Grande"... perché sono timido e poi perché Lucio Dalla è Lucio Dalla e va rispettato)

(con le gambe di legno al termine del tour de force)
(sempre a spiegare qualcosa... ma chi mi sta mai a sentire?!?)



1 Comments:

At 11:58 PM, Anonymous Anonymous said...

😇

 

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